martedì 28 dicembre 2010

Maldestre preveggenze futuribili



Cattivi genitori colpevoli di disoccupazione, arresti preventivi, utilizzatori finali, capricci istituzionalizzati, parentele importanti..quante primizie ci ha regalato questo 2010. Meraviglie, perle di saggezza e neologismi, forme dialettali ministeriali, espressioni regali, amicizie scomode. E tutto in un solo Paese. Questo è fantastico. Ci sarà anche la crisi, ma pare essere solo economica. Le idee non mancano mai.
C'era chi voleva la fantasia al potere. Abbiamo atteso degli anni, lunghe stagioni democristiane e craxiane, brevi tentativi sinistri, ma finalmente quanto richiesto è giunto. Ma non solo i membri del governo ci hanno regalato colpi ad effetto. Come non citare l'addio ai contratti collettivi, le minacce da scuola elementare e le altre “bravate” della nuova dirigenza Fiat. Si chiamiamole bravate: turni più massacranti, eliminazione del diritto allo sciopero e accorciamento (se non annullamento) dei minuti di pausa. Sono proprio burloni. Fortuna che ci sono dei sindacati che sanno stare allo scherzo. Altro che quei musoni comunisti della Fiom. Neanche un po'di spirito, che diamine!
Inutile lamentarsi che poi tutti vogliano trasferirsi in Italia. Pensate l'attrattiva che un Paese come il nostro possa avere sugli stranieri che hanno piacere di vivere nel brivido e nell'incertezza di ogni giorno, dove non esistono limiti all'impossibile. Tanto che qualcuno cerca di adeguarsi. Vedete gli immigrati che hanno occupato per lunghe notti la gru a Brescia, che spinti da un animo avventuroso, si sono arrampicati così in alto per provare un po' di adrenalina. Peccato aver scoperto che la loro adrenalina è tutta spesa nella spasmodica attesa di un permesso di soggiorno. C'è chi si aggrappa sulle gru per fare bungee jumping, e c'è chi lo fa per sopravvivere. A volte è solo una questione di priorità, tutto qui.
Tutto questo è stato il 2010. Ma il 2011, l'anno nuovo cosa ci regalerà. Quali esperienze sensazionali ci lasceranno senza fiato? Operai bacchettati nelle catene di montaggio? La ola durante una seduta parlamentare? Calderoli che impara a leggere? Non lo so con certezza. C'è solo da aspettare 12 mesi e prepararsi ad un altro resoconto. Non provate a fermarvi e a pensare, potreste rimanere delusi. No, ho proprio bisogno di un televisore 3D. Voglio essere al centro dell'azione. Perchè non dovrei godermi una palpata di culo del nostro premier ad un'avvenente hostess di un convegno sulla robiola a Conegliano Veneto con questa nuova tecnologia?
Chiudo con un “buon” proposito. Quest'anno il libro più venduto a Natale è stato “Benvenuti nella mia cucina” della Parodi. Dura battaglia col libro della Clerici e col mattonazzo inutile del maggiordomo. Per il prossimo Natale vi scongiuro, disimparate a leggere, altrimenti è giustificato il taglio dei fondi alla cultura di questo Paese. Ci vogliono ignoranti, e ci stanno riuscendo (se non hanno già portato a termine la loro operazione)!

domenica 19 dicembre 2010

La nascita del fenomeno Cito (Paper per Comunicazione Politica)



Giancarlo Cito, nato a Taranto nel 1945, è una delle figure più particolari e “innovative” della comunicazione politica in Italia.
Fra gli esponenti più importanti dei movimenti di destra tarantini, nel 1985, dopo anni fallimentari nel ramo edilizio, fon­da Antenna Taranto 6, una emittente televisiva locale. Dopo pri­mi mesi di televendite, pubblicità e film in bianco e nero, su At6 nasce la trasmissione Fatti e misfatti di cui è lui stesso il conduttore. Cito, già precedentemente sconfitto alle elezioni del 1975 con la lista “Il ponte”, capisce la situazione di degrado generale di Ta­anto, e che questa fase può essere l'occasione del suo rilancio. Taranto negli anni Ottanta è una città con grossissime problematiche economiche, derivanti dalla crisi del comparto siderurgico Italsider (oggi Ilva), dalle non rosee condizioni degli altri stabilimenti cittadini; per di più, il capoluogo ionico vede l'affermarsi della delinquenza organizzata, sotto l'ala protettrice della camorra napoletana, incontrastata anche dalla turbolenza della politica locale.
La trasmissione Fatti e misfatti nasce in realtà come un conteni­tore dei malumori serpeggianti in città. La struttura della trasmissione è semplice: vengono invitati politici tarantini e si permette al pubblico di intervenire e di interloquire in diretta at­traverso le telefonate. Accanto a Cito, siede il “politologo” della trasmissione che è Gaetano De Cosmo. La fascia oraria coperta dalla trasmissione è quella della seconda serata. Le peculiarità del programma e della comunicazione politica di Cito sono di­verse. La prima è sicuramente l’utilizzo enorme della pubblicità negativa. Mazzoleni riconosce degli aspetti positivi nella pubbli­cità negativa: “è legittimo criticare pubblicamente la condotta di un politico in tema di etica pubblica, di coerenza oppure di “ortodossia” di partito”. Altri autori vedono nella pubblicità ne­gativa un effetto boomerang per l’autore; infatti, se si tratta di “colpi bassi” fatti in assenza di contraddittorio, nel pubblico si può suscitare dei sentimenti di compassione e di difesa. Quest’ultimo non è il caso delle pubblicità negative perpetrate da Giancarlo Cito. Infatti, ad ogni attacco, coincide un aumento dei consensi. Gli obiettivi del futuro sindaco sono sempre particolarmente sensibili, in quanto già al centro di casi o di problemi personali. È una tecnica collaudata di Cito, che verrà utilizzata dallo stesso per l’intera durata della sua carriera politica, e che gli costerà un numero elevato di querele.
La seconda particolarità nella comunicazione politica di Cito nella trasmissione Fatti e Misfatti è il populismo. Con questa af­fermazione si intende la capacità del soggetto dell’analisi di ca­valcare gli umori della cittadinanza e farsi portavoce ed “altoparlante” delle istanze dell’opinione pubblica. Questa è una delle chiavi di lettura per spiegare il successo dell’imprenditore tarantino. Nei periodi difficili del Consiglio Comunale, attacca tutti a testa bassa, definendo la maggioranza un insieme di “ladri e incapaci” e l’opposizione “dorme perché o è incapace o è con­nivente”; questi attacchi ricalcano il pensiero di buona parte della popolazione; agli attacchi verbali, unisce filmati ritraenti le zone più degradate della città; Bianchi afferma
“È pura benzina versata sul fuoco dei telespettatori già esaspe­rati. Tutti i tarantini sono ben consapevoli della sciagurata gestione della macchina comunale: interi quartieri al buio, le strade del centro e della periferia prive di qualunque manuten­zione ordinaria e ormai ridotte a mulattiere , sporcizie e ineffi­cienza come costante quotidiana… così, agli occhi dei tarantini, Cito diviene ben presto il liberatorio fustigatore dei politici “corrotti e inefficienti”, il capopopolo che parla chiaro e senza paura contro i “politici ladri e inefficienti””
Ed è evidente quanto cavalcare l’onda del populismo giovi alla credibilità del personaggio. Durante il programma, per avvalora­re agli occhi dei cittadini le sue posizioni, trasmette le telefonate dei telespettatori che lo elogiano e lo appoggiano nelle sue veementi critiche al sistema politico. Terza particolarità è il linguaggio semplice e popolare. Collegabile al populismo, questo lato della comunicazione di Cito è un’altra delle fonti del successo del geometra. Oltre ad una semplicità eloquente, il linguaggio assume spesso toni violenti e volgari.
Con le elezioni comunali del 1990, Giancarlo Cito riesce ad entrare a far parte del Consiglio, risultando il più votato fra tutti i candidati. Ma è giusto fare un passo indietro e analizzare la campagna elettorale che ha portate a tale risultato.
Nel periodo della campagna elettorale, le apparizioni televi­sive del candidato si intensificano, come aumentano le immagini proiettate del degrado cittadino. Più veementi si fanno, inoltre, gli attacchi ai suoi avversari politici. Inoltre è da segnalare il pri­mo comizio pubblico tenuto in piazza della Vittoria, ed ovvia­mente ripreso da At6. Durante tale “avvenimento” il futuro sindaco non cambia molto il suo atteggiamento rispetto al solito. Riprende gli stessi argomenti e le stesse offensive che tanto suc­cesso gli hanno assicurato col mezzo televisivo. Per di più orga­nizza, nei giorni precedenti il voto, molte proteste clamorose. Una su tutte è “quella contro la sporcizia in città, che si conclude con lo scarico di camionate di immondizia davanti al Municipio”. A luglio dello stesso anno si tiene la prima riunione del Consiglio Comunale: in questa seduta Cito si rende protago­nista di uno dei suoi tanti “colpi ad effetto”: appena arrivato si impossessa della poltrona del Presidente, convinto che sia il più suffragato a presiedere il primo Consiglio; il regolamento vuole, però, che invece del più suffragato ci sia il consigliere più anzia­no. Giancarlo Cito non si lascia convincere da questa norma e, ripreso dalle telecamere della sua televisione, per più di tre ore non ne vuol sapere di abbandonare lo scranno; solo l’intervento dei Vigili riporta la serenità all’interno dell’aula. (http://www.youtube.com/watch?v=c8iaGkHqUN4).
Gli anni precedenti alla sua elezione a sindaco della città di Ta­ranto, sono costellati da altri episodi che danno l'impressione alla cittadinanza come colui che riesce a fare “piazza pulita” dei funzionari inefficienti e immorali di Taranto (i casi Cacciapaglia e Gonzales). Altro passaggio fondamentale nella politica di Cito è il ricorso alla teoria del complotto, che trova massima espres­sione nel 1992, quando l'allora Ministro degli Interni Scotti di­chiara decadute le cariche di Consigliere Comunale e Provincia­le di Cito, poi dopo qualche mese reintegrato. Nel frattempo il tele-tribuno dalla sua At6 parla di subdolo tentativo di eliminare un avversario scomodo. Si arriva così al 1993, dove ci sono le nuove elezioni comunali. E' l'anno del trionfo di Cito, che diventa sindaco di Taranto. L'attacco continuo verso il suo principale avversario sia al primo che al secondo turno, Gaetano Minervini, si snoda su diversi fronti. Minervini viene ad essere accusato di essere “un comunista”, ed in più ateo e abortista. Es­sendo anche appoggiato dai socialisti, appena coinvolti a livello locale, come a livello nazionale, da processi per corruzione e tangenti, è vittima della pubblicità negativa dell'imprenditore ta­rantino, che manda di continuo sulla sua At6 dei filmati di re­pertorio in cui si nota la presenza di Minervini, in qualità di ospite, ad un convegno del Partito Socialista. Grossa rilevanza assume anche il primo faccia a faccia fra i due candidati in tele­visione; le differenze caratteriali fra i due candidati sono notevoli. A trarre vantaggio dal dibattito è Giancarlo Cito, che col suo eloquio veemente e i suoi toni accesi, cattura l’attenzione del telespettatore e lo coinvolge, al contrario di Minervini, più pacato e moderato, che finisce per risultare meno interessante. Dopo avere acquisito le immagini da Studio100, Cito manda ossessivamente in onda sulla sua emittente le riprese del dibattito, proprio come se fosse uno spot elettorale. Il secondo faccia a faccia diventa poi uno scontro fra Cito e il conduttore della trasmissione, che viene interrotta. Nel frattempo, in città, circolano voci sulle particolari abitudini sessuali del candidato della sinistra e, per di più, vengono affissi volantini anonimi che avvalorano le voci di una presunta “omosessualità” di Minervini. Ad alimentare tale manovra ci pensa l’annuncio di Cito, che dichiara di essere in possesso di un “dossier sulla vita privata e le inclinazioni privatissime di Minervini”, da rendere pubblico alla vigilia del ballottaggio. Chiare e sensate sono le reazioni dell’altro candidato, che avvia subito azioni legali. Ecco come Cito utilizza il pettegolezzo da strada per screditare l’avversario. Durante la settimana precedente il ballottaggio, Cito punta tutto sulla sua televisione. Dalle ore 20, ogni sera, trasmette il programma Filo diretto, dove il candidato accoglie decine e decine di telefonate dei suoi sostenitori. Accanto all’editore, c’è il suo futuro vice Pietro Cerullo, col compito di illustrare ai telespettatori il programma elettorale. Le elezioni decretano il successo di Giancarlo Cito. Il candidato è eletto sindaco col 52,6% delle preferenze.

domenica 28 novembre 2010

Il Paese è con me



Frase del Ministro (sob!) della Pubblica Istruzione e dell'Università, Maria Stella Gelmini.
Sinceramente, se vogliamo fare un'analisi delle immagini arrivate dalle varie città, proprio tutta questa condivisione non c'è. Assalto a Palazzo Madama, occupazione della Torre di Pisa e del Colosseo ed altre gesta eclatanti che fanno di questa protesta un motivo di grande orgoglio e di grande speranza.
Farebbe ridere a crepapelle pensare a manifestazioni pro-Gelmini. I suoi fan cosa potrebbero fare? Occupare il Billionaire o l'Hollywood, sorseggiando un bel Mojito? Beh si, sicuramente stili e pensieri di Paese futuribile diversi. Da una parte bimbetti fighetti o aspiranti tali che si accalcano per un autografo di Corona o per una foto con l'ultima uscita del Grande Fratello, dall'altra un'Italia di studenti e giovani ricercatori che lotta per il proprio futuro. Chiaro, non pensare costa poco, quasi nulla. Limitarsi a parlare di discoteca, di ragazzi/e e dell'ultimo pezzo del mio “amato” David Guetta, come si sa, non aiuta la vitalità dei neuroni.
E' forse questo il Paese che Maria Stella citava? Questo Paese è con lei. Ma, probabilmente, anche l'Italia delle scuole private è con lei. Stanziati, quasi raddoppiati, i finanziamenti; ci si prepara a recuperare il sostegno della Chiesa Cattolica, che come ben si sa, possiede la stragrande maggioranza degli istituti scolastici ed universitari non pubblici. E le Università statali? E le scuole??? C'è crisi economica, dobbiamo risparmiare. Tagliamo il pubblico e diamo al privato, che povero come è, di certo non riesce a reggere all'impatto del mercato. La Chiesa, vessata dalle tasse inique e pesanti che lo Stato italiano ogni giorno le impone (l'Ici ad esempio, o forse no), ha bisogno di questi finanziamenti raddoppiati. Tutto questo è ridicolo, come è ridicolo vedere la colletta alimentare organizzata questo sabato dalla Compagnia delle Opere, braccio armato ed economico di Comunione e Liberazione. Come già detto ad un mio caro amico focolarino, è come se gli Stati Uniti chiedessero soldi all'Uganda per aiutare il Botswana.
E' l'Italia in cui il più grande partito di “sinistra”, e quindi quello che “dovrebbe” essere più vicino agli operai, vorrebbe puntare su Montezemolo per riconquistare il governo del Paese. Come se in una partita di calcio una squadra decidesse di mettere in porta il centravanti avversario. Ma potreste mai immaginare voi Berlinguer o Togliatti che chiedono ad uno della famiglia Agnelli di candidarsi per il Pci?
Risulta sempre più inequivocabile la svolta populista che il nostro Paese sta prendendo. A sinistra, come si è visto, non si sa più a chi affidarsi e si facilita la nascita di mostri dall'applauso e dalla fascinazione facile, che ci indorano la pillola ma che dei principi economici e sociali della nostra cultura non sanno che farsene. Sembriamo allo sbando, quasi incapaci di reagire, sotto la neve infreddoliti ed agonizzanti. Ma poi accendi la tv, vedi le immagini degli studenti in rivolta, e la speranza si riaccende. La rabbia sopita, poi, ci pensa anche un semplice Fede qualunque a risvegliarla. Emilio, my lovely and sweet Emilio, il Paese pian piano pare ridestarsi dal letargo in cui tu e i tuoi colleghi fidi lacchè l'avete sprofondato. Non ci saranno mazzate che tengano. Non ci saranno cariche che possano fermare questi sentimenti. Costernati, caro mio, ma prima o poi doveva finire.

mercoledì 17 novembre 2010

Azzicc u nonn o awant u nonn (manovre di sostegno per personaggi traballanti)




C'è un modo di dire proveniente da una barzelletta arcinota nelle terre tarentine, che bene si va ad innestare nell'attuale situazione pericolante italiana. “Azzicc u nonn” o “awant u nonn” sta ad indicare un aiuto dato ad una persona con evidenti difficoltà motorie e che è nell'atto di cadere.
Bene..forse ci siamo. La Love Boat targata Mediaset affonda. Il nonno sta per cadere. E proprio di awantarlo (trad. prenderlo), non ne abbiamo nessuna voglia. Il Partito dell'Amore vede perdersi in un fuggi fuggi generale i vicecomandanti, i sottotenenti, i mozzi e i lacchè che tanto avevano fatto e dato per la causa berlusconiana. Il nonno ha perso i sostegni.
Strenui rimangono, al suo fianco, le più fedeli badanti (italiche o padane badanti), sicure che prima o poi tutto tornerà come prima.
Fini, Taormina, Guzzanti e persino Feltri ci fanno capire che quello che è stato il traino della Destra italiana, è diventato una zavorra. Bossi e i suoi adepti, contenti dell'accaduto, attendono, “dietro il cespuglio”, l'evolversi della situazione e si preparano alla nuova tornata elettorale. La “sinistra”, incapace di opporsi negli anni dell'ultimo governo Berlusconi, pare ancora incredula per quello che accade. La politica dell'opposizione blanda, al limite del comatoso, ha pagato. Stesso risultato, però, non si è visto alle primarie di Milano. La politica democraticamente asfittica ha perso nuovamente anche in terra lombarda, terra da anni luce ormai nelle mani lerce della destra dei De Corato, dei Salvini e dei Formigoni.
Per di più Fini, d'improvviso, mi diventa un rivoluzionario e un anticlericale, un antirazzista e un progressista. Proprio come se la legge Bossi-Fini fosse opera di Fini, quello dei tortellini, mica sua. Proprio come se gli agguati agli omosessuali non fossero opera di fascisti. Poi i futuristi, così li chiamano ora, già hanno un nome che è tutto un programma. Bocchino e Granata non mi sembrano proprio dei novelli Marinetti e Depero.
E si apre l'idea del terzo polo. Il terzo polo, Casini, Rutelli e Fini. L'uomo per l'incentivo alle famiglie sempre e comunque (ne ha due, è normale che spinga così tanto); l'uomo la mascella (capace di perdere a Roma dopo trecentomila anni di governo della sinistra, e capace di maturare così tanto da trasformarsi da radicale convinto a cattolico con cilicio) e il fascista di sinistra (o il comunista naziskin, citando una canzone dei Bellicosi). La coerenza al potere. Terrorizza la sola idea. E ancora di più spaventa l'idea di Montezemolo, candidato premier. Come se già gli operai non l'avessero presa abbastanza nel fondoschiena. A questo punto, senza convocarci alle urne, al prossimo convegno di Confindustria a Capri o a Porto Cervo (si sa, i nostri imprenditori soffrono la crisi) fatelo eleggere direttamente a loro il presidente del consiglio. Fategli scegliere le leggi, fategli detassare tutto il detassabile, fategli togliere l'Ici sull'ottava casa e sul trentesimo yacht, diamogli gli incentivi, permettiamogli di decidere i contratti senza consultarsi coi sindacati, e per chi fa la pipì durante l'ore di lavoro, detrazione dalla busta paga!
Bene signori, se questa è la destra presentabile, vi prego lasciatemi cadere e non gridate AZZICC U NONN!

sabato 13 novembre 2010

Intervento durante il Congresso della Federazione della Sinistra



Vi riporto quasi fedelmente le parole dette al congresso di Como della Federazione della Sinistra

Compagne e compagni, buonasera. Mi presento, io sono Andrea, ho 26 anni e sono comunista. In una società in cui il termine comunista assume sempre più una accezione dispregiativa e derisoria, sembra una scelta coraggiosa definirsi tali. Badate bene, ho detto comunista. Credo che, poco importi sapere se sono di Rifondazione, dei Comunisti Italiani, di Socialismo 2000. C'è bisogno di unità compagni. Unità nelle lotte, nelle scelte e nelle azioni. Tutto in un sentimento di uguaglianza, di comunione di intenti, di un uso dello strumento-partito come collante dove ogni compagno possa pesare ugualmente nelle decisioni, così che ognuno di noi possa sentirsi fiero di poter dire: io sono comunista, io sono della Federazione della Sinistra.
Il mio intervento, in realtà, si centra su un problema comunicativo che oggettivamente noi abbiamo. Lo faccio con cognizione di causa. In primis, perché militante ormai da una decina di anni. Successivamente perchè il mio impegno accademico-universitario nel corso di laurea in Comunicazione politica, mi ha fatto capire quanto è importante il come spieghiamo alla gente le nostre lotte, ma soprattutto le nostre ragioni.
Compagni, in una società mediale come è quella attuale, nella quale tutto è filtrato da mezzi di comunicazione, nella quale il contatto visivo e fisico fra esseri umani è ormai ridotto all'osso, in una società in cui il concetto di piazza ha avuto un lento e progressivo declino rimpiazzato dai talk show, un modo di far politica ancorato ai vecchi standard comunicativi perde tutta la sua forza. Mi spiego: ad esempio, ai compagni giovani con cui mi trovo a lavorare, cerco di far capire, sempre, l'importanza dell'immagine e del titolo di impatto di un volantino. Un volantino fitto di informazioni verrà cestinato, proprio perchè la frenesia dell'uomo del terzo millennio non prevede quell'attimo che serve per leggere e capire quelle informazioni. Lo spazio dato alle informazioni, quindi, diventa selettivo ed è chiaramente l'immagine a colpire l'attenzione del cittadino-elettore. Chiaro, non sto dicendo di riproporre la copertina di Panorama, non è nelle mie intenzioni. Fa specie, e ve lo dico con tutta onestà, che i più restii al cambiamento comunicativo siano proprio i compagni più giovani, i compagni che più facilmente dovrebbero ricevere i cambiamenti della nostra società. Spiego loro, allora, che non è necessario impoverire il proprio linguaggio e la propria cultura politica per far comprendere agli altri il proprio messaggio. Dico loro che si può e si deve cambiare modo di dire le cose, senza aver paura di risultare meno brillanti o meno preparati. Siamo nell'era di Facebook, del cellulare che fa anche il caffè; siamo in un'era in cui si rischia di essere schiacciati fra la sinistra borghese e radical chic e i comunisti avventisti delle formazioni volontariamente extraparlamentari. Compagni, bisogna cambiare e per cambiare non c'è bisogno di essere poeti!

sabato 30 ottobre 2010

Neoqualunquismi e forme d'arte simili



A volte mi chiedo perchè devo essere partecipe, volutamente silenzioso, di discussioni d'arte oratoria, in cui uno ha il mio completo appoggio e l'altro si arrocca in maniera feudale su posizioni evidentemente precostituite.
Oggi è un giorno come gli altri. Raggiungo i miei compagni in università, ed eccoli discutere, al solito loro, con una ragazza (e mi stupisco della quantità di gente che conoscono). Si parla delle annose questioni che “attanagliano” le vite di un comunista oggigiorno: e la Cina, e Cuba, e “il mondo è cambiato”, e “non ci sono più le mezze stagioni”, “un giorno capiranno”, “e in Unione Sovietica si stava peggio”, etc, etc, etc. Il mio, come al solito, diventa un ascolto passivo; dopo anni di accesi dibattiti con la gente più disparata, hai smesso di aver voglia di scontrarti col mondo intero, quando ormai la bolla demoniaca di comunista ti si è cucita addosso, perciò tutto quello che dirai sarà contro il buon senso e contro il bene comune.
E' frustrante, sapete. I miei compagni hanno ancora la forza di cercare di fare ragionare le persone, di starci anche un paio di ore. Io non più. Se poi incontro quelli che si sentono più comunisti di te, perchè ahimè ci sono, la musica cambia ma tu sarai sempre un “social-democratico borghese, che gioca a fare il comunista”, come gli hanno insegnato a dire in qualche chiesa avventista/internazionalista.
Non è di certo un gettare la spugna il mio; è ben altro. Nella mia assenza di spirito di confronto con chi fa della frase fatta e qualunquista il suo credo, o che fa del suo essere superiore atto di discredito, non si nasconde un arrendersi aprioristico. E' il voler evitare di essere cattivi o come suggerivo oggi il non voler dire “Ti va bene così la società? E allora muori capitalista e precaria!”. Come fai a spiegare a queste persone che non vedono oltre il proprio naso che il padrone non vorrà mai rinunciare a fare maggiore profitto e che poco si interessa dei “suoi” dipendenti. Che il padrone ama delocalizzare non perchè vuol portare lavoro in quei Paesi sfortunati, ma perchè in Polonia, in Romania e in un qualsiasi paese dell'Est Europa paga la forza lavoro meno della metà che in Italia? Il capitalista cosa propone allora? Ribassatevi il salario, lavorate di più e rinunciate ai vostri diritti elementari (Marchionne docet), così potete essere competitivi con questi Paesi. Una logica normale prevederebbe che si aumentassero gli stipendi degli operai dell'Est, invece di abbassare i nostri. Una Unione Europea, così “attenta” alla sorte economica dei suoi cittadini, dovrebbe garantire pari dignità e diritti a tutti gli operai del continente. Invece cosa fa? Permette semplificazioni enormi a chi sceglie di delocalizzare le proprie aziende.
Da una parte il lavoratore del secondario soffre le delocalizzazioni, dall'altra parte l'operante nel terziario non se la vede molto meglio, costretto come è ad accontentarsi di lavori a progetto, o a chiamata, e altre stronzate simili che solo Confindustria poteva partorire.
Ma secondo voi la CLASSE operaia (c'è chi mette in discussione il concetto di classe, senza accorgersi che basta aprire il suo portafoglio per vedere quanto sia giusto parlare di questo nel terzo millennio) si rende conto? Assolutamente no, se una cosa non la tocca si preferisce stare tranquilli. E si ritorna al solito discorso dell'assopimento. Mentre qui i capitalisti gestiscono le nostre vite a loro profitto, siamo tutti a parlare del monolocale di Montecarlo, dell'omicidio di Sarah Scazzi e del caso di Ruby (fa molto ridere questo nome accostato a quello di Silvio Berlusconi; a volte è il destino che ci si mette). Accendete il vostro televisore 3d, collegate la vostra Playstation3 e divertitevi. Lì fuori è un mondo per grandi!

martedì 19 ottobre 2010

A come atrocità...ritratti di un'Italia violenta


“Babbari” parafrasando uno dei più inquietanti e stravaganti personaggi di Diego Abatantuono. Ecco cosa mi viene in mente pensando all'ondata di violenza che questo mese di ottobre ha portato nelle case degli italiani.
Violenza pura, truculenta e quanto mai ingiustificata. Orde di assatanati che picchiano selvaggiamente un tassista a Milano; giovane che uccide con un pugno una donna a Roma per un biglietto della metro (se fosse stato rumeno o ecuadoregno, non avrei potuto fare a meno di inquinare i miei occhi con le fiaccolate anti-immigrazione della Lega Nord e di Forza Nuova); famiglia avetranese che ammazza una ragazzina.
Un Paese, il nostro, in preda al più spregiudicato Far West. Esecuzioni sommarie da film di John Ford, ghigliottine, impiccagioni e quant'altro...ecco le proposte di pena esemplare avanzate in questi giorni a furor di popolo sul maggiore social network mondiale. Furibondi con tutto e tutti. Le più recondite ansie e brutalità dell'animo umano che prendono il sopravvento sulla ragione e il buon senso. Ma chi e cosa ha portato a questo grado di esasperazione e di odio sociale?
Quanto è possibile ricollegare questo imbarbarimento alla dilagante ignoranza mista al mero individualismo che impera in questa società? Si, siamo sempre più ignoranti e sempre più egoisti. Non voglio e non posso immaginare che è questo il mondo che lascerò a mio figlio. Lotto e lotterò sempre perchè lui possa vivere in una società giusta e civile, non in questo coacervo di invasati sostenitori della legge del taglione. A scuola, ricordo, mi hanno insegnato che la società dell'uomo è ormai destinata ad una continua evoluzione, ad un progresso non solo tecnologico, ma anche sociale e culturale. Questi ultimi tipi di avanzamento, però, siamo sinceri, non corrispondono alla realtà. Non è che un I-Pad o un wi-fi dovunque, possono servire a chi fa, della giustizia e della solidarietà, un discorso da uomo di Neanderthal. “Wilma, la clava” direbbe Fred Flinstone!
Non posso nascondere che una spiegazione a tutto questo me la sia data. Questo continuo attacco nei confronti della giustizia italiana ha infettato la maggioranza di italiani, che non ha più fiducia in chi è delegato a scegliere quali pene siano le più giuste per chi commette reati. Ed allora si dia il via alle manifestazioni forcaiole in piazza o nel web. O si dia il via alla giustizia fai da te. O ci si prenda a cazzotti perchè c'è chi non rispetta la fila. Rimpiango il buon uso della parola e della dialettica, utilizzate per dissipare a volte rancori volanti. L'insulto “bonario” o la battuta velenosa sono stati chiusi in soffitta e al loro posto sono arrivati i coltelli e i pugni.
Per concludere, sottolineo quale paura ho per le sorti della giustizia italiana. Ho timore che in un futuro non tanto prossimo, la pena per un uomo reo sarà televotata con un sms al 440230 (servizio in abbonamento). Spero solo che, quando tutto questo sarà realtà, siano aperte le stazioni di rifugio lunare ed io potrò scappare lì, lottando perchè “Un'altra luna è possibile”!

domenica 3 ottobre 2010

Anni a piombini




“Pago per le mie idee”. Maurizio Belpietro, direttore del quotidiano Libero (ahahahah), commenta così la notizia del tentativo di attentato che ha subito tra il 29 e il 30 settembre.
I telegiornali e i quotidiani, i politici e gli altri personaggi circensi che circolano liberamente nei palazzi del potere di Italiaset, si affrettano ad azzardare il ritorno agli anni di piombo.
Credo sia profondamente ridicolo cercare parallelismi con quell'epoca. A rischiare e perdere la vita erano veri giornalisti e vere personalità, non esseri come la ipotizzata vittima.
Nelle ultime ore, però, si fanno avanti nuovi ed interessanti sviluppi della vicenda. Sta emergendo, infatti, e sempre più inequivocabilmente, che è tutta una balla. Ad essere additato dell'invenzione è proprio il capo della scorta di Belpietro (ci sarebbe molto da dire sull'assegnazione di scorte a certi personaggi come il direttore di Libero e come il “senatore” Marcello Dell'Utri). Questo tutore dell'ordine pare sia stato inventore già in passato di finti attentati come all'ex capo del Pool Mani Pulite Gerardo D'Ambrosio. Incredibile davvero la storia condita da pistole che si inceppano, inseguimenti sulle scale e dalla sparizione ectoplasmatica del probabile terrorista assassino di Belpietro.
Ridicolo, tutto questo è ridicolo. Sono continuamente alla ricerca di martiri, quelli dell'intelligence berlusconiana. Schifani, Dell'Utri e il giornalista sono tutte vittime dell'odio scatenato dalla sinistra. Non poniamo quindi l'accento sugli articolo del direttore di Libero che, a piè sospinto, come il suo omologo del Giornale Vittorio Feltri, aprono spesso le loro testate con titoli altisonanti e non certo carichi di buone intenzioni. (uno su tutti, da ricordarsi, è il titolo il giorno dopo l'assalto delle truppe israeliane alla flotta di aiuti umanitari diretti in Palestina, “Israele ha fatto bene”).
La servitù in Italia, come nel mondo civilizzato, è un retaggio del passato, una cosa più che superata. La prostituzione intellettuale, però, è ancora più grave, ed il buon Belpietro ne è il simbolo più accecante. Chiudo questo pezzo modificando un po' le sue parole di commento all'improbabile attacco terroristico subito giorni fa. Carissimo Maurizio dovresti dire: “Pagato per le mie idee”. Di sicuro suonerebbe meglio, e più consono alla realtà e alla verità, parole delle quali, purtroppo, non ricordi più il significato.

domenica 19 settembre 2010

Simbolismi alpini



"Il palazzo è un simbolo, come lo è l'atto di
distruggerlo. Sono gli uomini che
conferiscono potere ai simboli. Da solo un
simbolo è privo di significato, ma con un
bel numero di persone alle spalle fare
saltare un palazzo può cambiare il mondo." V per Vendetta

Iniziare il mio nuovo pezzo con questa frase è una dedica alla mia fidanzata, che proprio con questa frase chiude la presentazione della sua tesi di laurea. Brava amore...

Ebbene sì, parliamo di simboli. Adro 2010 come l'italica Roma del Ventennio e la ariana Berlino nazista. Argomento ostico quello dei simboli e dei segni. La mia carriera universitaria è tutta una semiotica, ho i brividi al solo pensiero. Ore ed ore di sonno perse, perchè realmente non ci si capiva e non ci si capisce una mazza. (ovviamente non mi pongo nemmeno lontanamente con i dottori o gli ingegneri che leggeranno questo pezzo).
In Italia i simboli sono importanti. Vedi le croci che campeggiano dovunque...le tante sigarette attraversate da una barra trasversale rossa...eppure il sole delle Alpi in una scuola elementare non ce lo aspettavamo..sarà un preludio di scuola simil-Villaggio dei dannati (quel capolavoro cinematografico degli anni '60, poi anche riproposto nel remake anni Novanta).
Questa storia, però, a prima botta, mi ha ricordato un altro film, Pleasentville. Il lungometraggio parla di una cittadina perfetta, dove i ragazzi non sanno nulla, le biblioteche sono piene di libri bianchi e il diverso è a colori, mentre tutto il resto è in bianco e nero. Dove oltre Pleasentville non c'è nulla. Il diverso, e ciò che è diverso, viene osteggiato e perseguito con violenza fisica e verbale. Chi vuole fare di Adro una nuova Pleasentville? La Scuola, dedicata a Miglio, il padre della fantomatica Padania e delle altre due macroregioni italiane, è già stracolma di Sole delle Alpi (simbolo della Lega Nord)..sui cestini, sulle porte, sulle sedie...credo manchi proprio dove ce n'era più bisogno...dove può davvero dare ispirazione..nell'interno dei bagni, proprio sulle porte dei gabinetti..
Talmente ridicola e triste questa storia, che persino Maroni, il ministro degli Interni nonchè uno dei maggiori leader del Carroccio, si è detto perplesso su questa modalità di istruzione. La signora Gelmini (che dolore chiamarla ministro), un primo momento terrorizzata dalle reazioni padane non aveva battuto ciglio, per poi rinsavire, rinfrancata dalle posizioni non concilianti del collega, e decidere la rimozione dell'esuberante simbologia padana.
Segnali di sdegno anche dalle altre forze politiche, corse ad Adro a manifestare contro questo scempio. Ma i cittadini della piccola località bresciana cosa dicono? Nulla! Fa riflettere e mette i brividi questa cosa...barattare la capacità intellettuale dei propri figli in nome di una struttura nuova verde fiammante.
No signori miei, questo no! Non ve lo permettiamo..è ingiusto che i vostri figli, già bombardati da mattina a sera dalle telepromozioni berlusconiane, siano sottoposti all'irradiazione continua del sole delle Alpi. Rincoglioniti sarete voi...ma vi prego lasciate una speranza alle prossime generazioni..contro ogni Pleasentville.

domenica 5 settembre 2010

AAA cercasi Dio, no perditempo



In questi giorni, mentre l'Italia pare essersi risvegliata da un torpore immobilizzante con le contestazioni più che mai giuste a Dell'Utri e più organizzate, emulative e meno chiare a Schifani, è una nuova uscita del Papa a far discutere l'opinione pubblica.
In sostanza il pastore tedesco ha affermato, alle migliaia di giovani accorsi alla "messa preparatoria" in vista della Giornata Mondiale della Gioventù (a cui io preferirei aggiungere Cattolica o dei movimenti "Tutti pazzi per Ratzi"), che il posto fisso non è tutto nella vita, suggerendo di ricercare prima Dio.
Ancora più divertente è sentire Ratzinger fare riferimento alle proprie esperienze giovanili. Peccato abbia tralasciato i suoi trascorsi nella Gioventù Hitleriana.
Il mio suggerimento allora è semplice. Tutti preti!!! Sì..fai tutto insieme senza grossi intoppi..trovi Dio (senza che nessuno possa dirti niente), hai il posto fisso (più vitto e alloggio garantiti dall'8 per mille), fai felice in un sol colpo l'intero establishment clericale e la tua famiglia che ti vede sistemato. La vocazione non è importante. Non è tutto.
Oh pastore pastore, in questo Paese, di cui pare tu non abbia assolutamente il polso se fai questo tipo di affermazioni (a cui poi cerchi di porre rimedio dicendo che il posto fisso è un problema comunque pressante), il lavoro più gratificante per un giovane è dare ripetizioni in nero a qualche figlio di borghesotto, incapace di leggere o scrivere in italiano. Tutti o quasi vengono assunti con contratti che definire fantasiosi è poco. Contratto a chiamata, contratto a progetto co.co.pro. (del quale chi è assunto non sa mai i termini), contratto di collaborazione continuativa co.co.co., contratto a punti (controllano sulla tua tessera Feltrinelli), contratto a meteo (oggi sole lavori, domani pioggia a casa) e altri contratti futuribili da poter ricercare nell'inventiva della Confindustria.
Caro Ratzinger, ci può spiegare come fare a ricercare Dio se non abbiamo la serenità e la tranquillità per farlo? Se vuole facciamo così..ci ospita tutti a Castel Gandolfo, ci fa mangiare e ci fa pensare, senza influenzarci, e noi cerchiamo Dio. A proposito...c'è questo signore grosso che da mesi la sta cercando, dice di chiamarsi Jahvè (presunto figlio di hippie, solo loro danno questi nomi strambi ai figli), pare un po'incazzato. Che faccio? Glielo mando?

domenica 29 agosto 2010

Risposta della Francia alla Padania



Cari popoli padani,

avendo ricevuto la Vs richiesta di annessione al suolo francese, abbiamo felicemente appreso la Vs volontà di entrare a far parte dello stato fautore del motto Libertè, Egalitè e Fraternitè.
C'è però un piccolo problema che Vi esponiamo subito. In quanto popolo che si ritiene Stato, ci è impossibile acconsentire alla Vs richiesta, in quanto la Padania è da considerarsi stato fuori dall'Unione Europea, e quindi extracomunitario. In materia di cittadini extraeuropei, sapete che la nostra legislazione è ferrea. Riempire il Paese di milioni e milioni di noncomunitari, ci creerebbe non pochi problemi negli uffici immigrazione. Visti, controvisti, test del Dna, blocchereste l'intero apparato burocratico francese.
E poi Borghezio e Gentilini sarebbero un ulteriore grosso ostacolo. C'è da pensarli in fila negli edifici preposti alla regolarizzazione, insieme a cittadini africani, asiatici e sudamericani. Il primo che col Cif cerca di pulire tutta la sala d'attesa, il secondo che inveisce contro i gatti persiani e i koala neozelandesi, proprio come ha fatto con le razze canine esterofile in Italia. No, no, guardate non se ne può fare nulla. L'accordo di Schengen parla chiaro.
E poi, per favore, lasciate stare i Galli e i Celti. Già han tanti problemi loro, tra capodanni, cartoni animati e rune. Loro di sicuro non santificavano il Dio Po.
Ragionate..siete un popolo razzista, cinofobo e adoratore di fiumi...noi che siamo razionali, esteti e multietnici (l'importante è che non sono rom, ma questo non basta) non possiamo accettarVi proprio. E va bene essere fortemente nazionalisti, su questo ci arriviamo, ma fin da adorare un fiume...ma dai...
Mi dispiace annunciarVi ufficialmente che la Francia non si accollerebbe questo tipo di problematiche.
Vi auguriamo una buona giornata.
P.S. per ringraziarVi in dono Vi mandiamo Le Pen, sicuri di farVi cosa gradita.

Il Sottosegretario agli Esteri
Jean Paul Garnier L'Oreal

lunedì 23 agosto 2010

Richiesta di annessione della Padania alla Francia



Caro Sarkozy e Beato Popolo di Francia,

la Repubblica Padana chiede ufficialmente alle SV il permesso di indire un referendum per l'annessione delle nostre terre alla grande madre Francia.
Le vostre politiche economiche e le vostre battaglie sull'integrazione hanno convinto noi popoli del Nord che le terre d'Oltralpe meritano il sommo rispetto e la devozione totale.
I vostri ammirabili e invidiabili metodi di trattamento della maggiore piaga che l'Europa e il mondo civilizzato abbia mai conosciuto, i rom, ci hanno fatto aprire gli occhi su quanto si possa fare e quali siano i margini per una azione concreta contro questo flagello.
I Rom sono dappertutto ormai. Nei nostri quartieri, nelle nostre città e pian piano si inseriscono nelle nostre vite, attraverso vari escamotage. In primis sono nei nostri computer, nell'hardware dei nostri pc, fungendo da memoria indelebile (Read Only Memory, ROM appunto). Poi sono anche nei supporti esterni, nei cd. Infine hanno preso la capitale dello stato che ci schiavizza da secoli, l'Italia (non è un caso se all'estero ci conoscano per il nostro slogan ROMa ladrona). Per di più hanno cercato di gabbarci cambiando la vocale nel mezzo: prima rUm per farci ubriacare, poi rEm per farci ascoltare buona musica, ed infine rAm per inserirsi ancora più profondamente nei nostri personal computer. Non è possibile continuare così. Già abbiamo tanti problemi, coi Maometto che girano col turbante in testa, con gli africani che derubano le vecchiette in fila all'Euronics, ci si mettono pure i Rom. E i terroni? Uhhhh...non vi diciamo. Fortuna che parte di loro è tanto scema da credere che il benessere economico sia anche per loro. Invece il buon Formigun, il grande Zaia e l'eccellente Cota san bene che i soldi di Lombardia, Piemonte e Veneto col federalismo fiscale ce li si pappa fra noi. E' finita la pacchia luridi romani, Si vabbè, abbiamo anche qualche ministro lì a ROMa ladrona, ma ce l'abbiam messo per controllare che quei romanacci non si mangino tutto. Con Credinord abbiamo fatto vedere che coi soldi ci sappiamo fare, quindi la Paribas farebbe bene ad abbandonare le banche nordafricane per unirsi alla nostra. Già ci immaginiamo "Credinord Paribas".
Nel farVi i nostri più entusiastici complimenti, vi chiediamo ufficialmente di annetterci al Vostro territorio.
Sperando che non sia un grosso problema se ci portiamo anche Borghezio e Gentilini, vi auguriamo una buona giornata.
In fede
I Popoli Padani

martedì 17 agosto 2010

Risposte da sussidiario ( per il giornale A piena voce)



Diceva il compagno Majakovskij "Non rinchiuderti, partito, nelle tue stanze". Ed
ecco allora che la nostra Associazione decide di aprirsi alle vostre domande e
alle vostre critiche. A rispondere sarà uno dei nostri redattori, Andrea Cazzato.
Oggi pubblichiamo una mail ricevuta giorni addietro da una ragazza, che si è
firmata °°BaRbIe_TrUzZiNa°°. Cogliamo l'occasione per ringraziarla.

Caro A piena voce,
ho letto l'ultimo numero del vostro quotidiano. Sinceramente, se propio la devo
dire ttt, nn so che cs continuate a scrivere voi comunisti ebrei. Cioè, io non lo
comprato il vostro giornale, la portato mia sore dall'uni dove studia ke si vuole
laureare in giurispondenza e nn si puo sentire piu ke continuate a dire ke siete
comunisti. Cioè, io quando sento comunista, mi sento ke mi prende tipo un conato
di schifo-vomito, allora accendo il pod e mi sento l'ultima di David Guetta ke
cioè ci capisco un cifro. Cioè da quello ke ho studiato a scuola e da quello ke mi
dice l'amico frate dei Gs, voi avete ammazzato milioni di miliardi di uomini. E ke
altro ke i campi di concertamento, voi le foibe avete fatto. Come fate a dirvi
comunisti ancora, cioè assassini. Cmq io non mi piace la politica, a me piace
uscire coi tipelli per andare la sera alla disco ke cioè ci divertiamo di più e
sinceramente i teleggiornali parlano sempre di voi comunisti come fini, di pietro,
veltroni, e poi quello ke piace quando lo fanno agli uomini (bocchino, ndr) ..
cioè basta...l'unico teleggiornale ke mi piace è quello di ITALIAAAAAUNO!!! che
parla di cose ke piacciono a noi. Poi voi si vede ke siete emo ke non vi piace
divertirvi, ke vi tagliate. Basta comunisti froci.


Cara °°BaRbIe_TrUzZiNa°°,
ti ringrazio a nome di tutto il giornale per averci allietato con le tue parole.
Non so da dove cominciare, la tua lettera è carica di spunti da affrontare
minuziosamente, e non so se l'intero spazio a noi dedicato basti a poterti
esaurientemente rispondere.
In primis vorrei dirti che ho trovato grosse difficoltà a leggere quello che hai
scritto, si nota che sei carica di rabbia verso il diverso da doverli per forza
accomunare tutti insieme (comunista frocio, comunista ebreo). Una dote
encomiabile, non c'è che dire. Poi vorrei capire perchè i tuoi fantastici genitori
hanno deciso di dedicarsi solamente alla cultura di una figlia, trascurando
completamente l'altra. Io, fossi stato in te, avrei chiamato il Telefono Azzurro
(a proposito il numero è 1.96.96). Guardo te e molti dei tuoi simili e sospiro. La
vostra cultura è tutte nelle frasi di Moccia dei Baci Perugina. Una volta erano
così buoni i Baci Perugina. Perchè rovinarceli, avvolgendoli nella merda?
E comunque senti al tuo amico Andrea. Continua ad andare ai Gs di Giussani,
continua a vedere Studio Aperto, se ci sei fatti un abbonamento al Giornale di
Vittorio Feltri e il giorno delle elezioni vai a mare se c'è bel tempo, altrimenti
c'è un outlet aperto ogni santo giorno in Svizzera. Vai lì. Un'altra cosa? Un
favore all'umanità..non procreare.
Cordialmente tuo
Andrea Cazzato

giovedì 13 maggio 2010

Gugliotta e gli altri: per quanto ancora?



Ci risiamo. La polizia italiana colpisce ancora. Da Bolzaneto, a Napoli, passando per il caso Cucchi e il caso Aldrovandi, fino all’altro giorno, le “forze dell’ordine” si impegnano a far sfoggio di un autocontrollo e di una oculatezza che solo le guardie di Pinochet possono vantare.
L’ultimo caso ha, come anche i sopracitati, dell’incredibile. Siamo nei pressi dello Stadio Olimpico: ore 21.30. Finale di Coppa Italia in corso fra Roma e Inter. Si prevedono scontri fra le tifoserie, viste le ultime vicissitudini calcistiche. Due ragazzi su un motorino si stanno recando ad una festa. Per loro sfortuna, incontrano un gruppo di poliziotti in tenuta antisommossa. Uno di questi si avvicina alla coppia di ragazzi con fare minaccioso e subito parte una discussione piuttosto accesa. Il poliziotto accusa uno dei due ragazzi, Stefano Gugliotta, di “non si capisce bene cosa” e parte la colluttazione, schiaffi e pugni. Subito arrivano anche tutti gli altri colleghi e si accaniscono sul povero passante. Dalle finestre dei palazzi di fronte si sentono grida di terrore; agli occhi delle persone non è facilmente spiegabile una efferatezza del genere. Il ragazzo è ancora in carcere per lesioni, resistenza e oltraggio. Ma non è l’unica cosa ad accadere quella sera….un’altra macchina, presumibilmente sempre legata alle forze dell’ordine, investe un uomo che era riuscito a divincolarsi ad un primo tentativo di fermo della polizia.
C’erano i film anni 80…ve li ricordate? Quelli italiani di serie B! La camorra spara e la polizia si incazza o giù di lì. Ecco..dagli anni ’80 si sono fatti passi avanti. Non c’è bisogno neanche che spari, o fai il vandalo, o rubi, o spacci, perché la polizia è già incazzata.
Il caso Gugliotta come finirà? Come per Genova, dove le violenze della polizia sono per lo più passate ingiudicate? O come per Cucchi, dove la colpa se la sono presa solo i medici?
Il governo, come potevamo aspettarci, è in silenzio…non ha mai detto nulla sulle violenze della polizia, neanche un po’di indignazione, un fiato..nulla! Dall’uomo a cui regalano case (ministro degli Interni durante il g8 del 2001) all’internato mitteleuropeo (o padano, che dir si voglia) attuale Maroni, nessun ministro si è mai azzardato a criticare l’azione degli uomini in divisa. Sarà per il nome poco rassicurante del loro capo, Manganelli (un predestinato)?
Ma adesso vi dico e mi chiedo: “Che mi frega?”. Mi frega si, maledizione. “Meglio a lui che a me” si sente dire in giro sempre più spesso, nel mio sconforto più totale. La polizia pesta gente indiscriminatamente e “io sto tranquillo, tanto a me non può succedere mai”. Siamo talmente rincitrulliti ed egoisti da non accorgerci della gravità delle cose che accadono? Mi sa di sì. Quindi d’ora in poi, conformiamoci alla massa. Facciamo sì di vivere nel mondo di Milano 2, dove tutto è fatato e bello, dove le notizie più sconvolgenti sono le rivelazioni SHOCK di Corona su Belen Rodriguez. Ma si!! Che poi la polizia trovi un altro Cucchi, un altro Giuliani, non è una cosa che mi riguarda.

domenica 2 maggio 2010

Primo maggio: io c’ero


Primo maggio, ore 9.30. Giro per Como coi compagni. C’è la manifestazione indetta dai sindacati. Numeri non eccelsi, ma visti i tempi ci si accontenta. Armato della mia bandiera, che ho usato come bastone per tutto il corteo, cammino un po’nervoso per gli sguardi divertiti dei telespettatori, in libera uscita dal loro lavaggio del cervello quotidiano, proprio come se stesse passando il circo. Il passante ubriaco che si unisce ai cori vicino al Tribunale, il vecchio che borbotta perché “i comunisti ci sono ancora” e se la prende col suo cane, che non mi sorprenderebbe se fosse stato battezzato Rommel, ci fanno da cornice.
S’arriva in centro e subito penso: ma oggi è il Primo maggio? Negozi aperti, gente che si accalca alle vetrine. Salumerie, librai, fiorai, negozi di telefonia. Tutto è aperto. E poi penso alla mia ragazza, santa donna che mi sopporta, che ho da poco lasciato a lavoro al Carrefour. E penso ai miei colleghi del Blockbuster che oggi lavoreranno, come tutti gli altri 364 maledetti giorni annuali. Alla mente mi sovviene una mail arrivata dai nostri “superiori” il giorno prima di Pasqua credo. “La sede centrale in questi giorni rimarrà chiusa. Per eventuali informazioni saremo reperibili dopo le festività”. Ed è proprio così. Oggi Primo maggio non si pensi sia stato diverso. Immagino l’impiegato e il dirigente, o l’ “esperto” di marketing laureato in Bocconi, che oggi a casa si rilassavano per il “duro” lavoro. Mentre il commesso, quello che si sta fino a mezzanotte in negozio, oppure l’operatore di call-center, che risponde al cliente di errori non suoi ma del dirigente che “giustamente” si riposa, oppure la cassiera del Carrefour che perde lucidità nel suo lavoro troppo meccanico, mentre il direttore di filiale è in gita sul lago con la famiglia, la ragazza precaria del negozio dei vestiti impegnata a seguire la cicciona incontentabile, mentre il suo capo è a farsi la sua bella lampada abbronzante, tutti questi il primo maggio lavorano.
Allora ho sentito parlare di deregulation, di “negozi aperti quando vogliono”. Il meglio che ci si poteva immaginare per una classe di gente che fa del contratto a tempo determinato o dei contratti a progetto, ragione esistenziale. Se ti rifiuti di lavorare, sei fuori chiaramente.
Quindi, ad uso di tutti, si definisca il primo maggio la festa di tutti i datori di lavoro. Vabbè, visto la china che il nostro Paese sta prendendo, indicare un giorno solo come festa dei datori di lavoro mi sembra un po’riduttivo. Per lo più evasori, detassati, economicamente sempre aiutati, sempre in difficoltà ma mai rinuncianti al Porsche Cayenne, i nostri datori di lavoro vivono con “ansia” questo momento di crisi, e per recuperare applicano tagli indiscriminati ai posti di lavoro. La gente cosa fa, ci chiediamo? Televota per far vincere Sandra Milo all’Isola dei Famosi. Buonanotte!

mercoledì 28 aprile 2010

Una faccia con la riga in mezzo



È di oggi la notizia che la signora Stefania Craxi, esponente di spicco del Pdl e sottosegretario agli Esteri dell’attuale governo, ha rilasciato una dichiarazione in merito al 65esimo anniversario della Liberazione d’Italia.

Leggendo il sito della Repubblica, sono entrato in contatto con l’articolo che spiegava la sua posizione in merito. La signora, convinta revisionista e “pacificatrice” storica, si è lanciata in un appello accorato, per il quale il 25 aprile deve essere, anche, il pretesto per, e qui cito, “recarsi a piazzale Loreto per un atto di cancellazione dell'atroce oltraggio inflitto al cadavere di Benito Mussolini”.

Sarà la mia scarsa propensione al diritto di parola proprio per tutti (vi sembra giusto che gente come Borghezio o Fiore debba inquinare con le loro parole putride?), sarà il mio attaccamento ai valori della Resistenza, sarà che Mussolini per me, e spero anche per quelli delle generazioni future, era, è e sarà sempre un assassino fascista, sarà che per me mai e poi mai i repubblichini saranno “giovani che hanno sbagliato” ma “delinquenti collaborazionisti della Germania nazista”, sarà che i partigiani sono e saranno sempre il simbolo della Liberazione dal giogo nazi-fascista, ma le parole e le opinioni della signora Craxi sono inaccettabili.

Sicuramente la sopracitata è amante del revisionismo storico: “Tangentopoli? Una persecuzione”, “Mio padre? Un santo!” ed altre scempiaggini che, dette qualche anno fa, avrebbero sollevato l’opinione pubblica. Ma adesso, scevri d’ogni timore, i ratti silenziosi tornano al piano superiore. Tanto alla gente, ormai tramortita dai reality show e dal gossip, poco importa che si prenda così a calci la dignità del proprio Stato. E’ facile cantare l’inno nazionale, indignarsi se qualcuno attacca l’operato dei militari nelle zone di guerra, e allo stesso tempo essere alleati della Lega e prendere a calci due dei valori fondamentali della nostra Repubblica, la Resistenza e l’antifascismo.

Per chiudere propongo alla signora Craxi di recarsi, visto che ama fare l’”avvocato del diavolo”, a portare una corona di fiori al bunker di Hitler, oppure sulla tomba di Riina o di Charles Manson. Di sicuro è gente che, come il duce, ha numerosi morti sulla coscienza, numeri che al sottosegretario pare non interessino.

martedì 27 aprile 2010

Il capro espiatorio: una figura del nuovo millennio raccontata da Pennac (il neurone)

In merito a quanto successo ieri in stazione centrale a Milano.


Chi non si è mai sentito nella propria vita il reo senza colpe quando succede qualcosa? Quello sul quale cadevano gli occhi per primo? Quello che si prendeva i primissimi rimbrotti, senza ci fosse minima indagine sull’accaduto? Dalle mie parti, un volgare detto popolare riconosce nell’ortolano, quale sfortunato portatore della maldicenza e appunto capro espiatorio di ogni assurdo avvenimento, questo infausto ruolo.
La figura del capro è molto affascinante. E’ lo stesso Pennac a descrivercela ne “Il Paradiso degli Orchi” e negli altri libri della serie di Belleville (dal nome del quartiere dove risiede la famiglia Malaussene). Il nostro protagonista, Benjamin, il capofamiglia, è il soggetto che meglio incarna tutte le caratteristiche del capro, fino al punto di ricoprire anche “lavorativamente” tale ruolo. La sfortuna/fortuna di questo personaggio sarà il filo conduttore dell’intera serie. Alla fine della prima avventura, il personaggio sembra essersi liberato di questa infamia. Il passaggio di lavoro dai Grandi Magazzini alla Casa Editrice del Taglione, però, non coincide con la sua fortuna di essere “naturalmente” capro espiatorio.
"Lei ha un vizio raro, Malaussène: compatisce"
Benjamin ha dalla sua una famiglia sgangherata e stravagante che lo aiuterà, lo amerà e gli sarà sempre vicino, nei momenti più bui e difficili.
La fortuna del ciclo sta anche nelle figure che circondano la famiglia Malaussene e che rendono le storie ancora più avvincenti e più “strampalate”: la Regina Zabo, a capo delle Edizioni del Taglione, Stojil, Theo, Rabdomant e il cane Julius.
Ma perché fare un pezzo sul capro espiatorio, mi chiederete. Penso, personalmente, che la figura del capro espiatorio sia quanto mai attuale. Pensate ai cosiddetti “prestanome” delle aziende, agli operatori dei call-center, ai commessi dell’ufficio reclami. Il capro espiatorio è più che mai utile. E’un toccasana per noi che possiamo sfogare la nostra rabbia e il nostro nervosismo. E’ vitale per le aziende e per i loro dirigenti, che nascondono la loro inadeguatezza, facendosi scudo con i “capri espiatori”.
Quindi, quando ci arrabbiamo col commesso, quando urliamo all’operatore di call-center, ricordiamoci sempre che lui è solo un povero capro espiatorio. Mettiamoci nei loro panni: ci piacerebbe essere trattati così male per colpe che non sono le nostre? Se sì, vi consiglio di aprire un’attività di ortofrutta.

martedì 20 aprile 2010

avviso ai lettori

Le reazioni Strafigo e troppo bello per essere vero non me le hanno fatte mettere

Attività neuronali al MagicBus (il neurone 9 febbraio 2010)

Olè! Siamo partiti col progetto “Il neurone” (il nome l’han scelto i partecipanti al corso, quindi se il nome della testata non vi piace prendetevela con loro). E’stata dura, come lo è stato tutto il progetto Magic Bus.
Siccome è la trecentoottantaseiesima volta che vi parlo del progetto Retica e quindi vi parlo di Magic Bus e di chi vi collabora, affiderò alle parole della tutor Valentina Bernasconi la spiegazione. Quindi copio e incollo quanto ha dichiarato lei in un pezzo per il giornale di Olgiate:
“L'apertura di questo centro si inserisce all'interno del progetto RE.T.I.C.A, Rete Territoriale per l’Innovazione della Creatività Applicata, co-finanziato da Regione Lombardia nell’ambito delle politiche giovanili. Scopo del progetto è avvicinare i giovani alle bellezze artistiche e culturali, permettendo alla loro immaginazione di svilupparsi e di applicarsi alle risorse del territorio. RE.T.I.C.A si compone di una gamma di attività molto articolate, che vanno da incontri di orientamento alla creazione di una serie di eventi espositivi e che si strutturano su tutto il territorio regionale. Magic Bus è uno degli otto spazi creatività aperti in quattro provincie lombarde (Bergamo, Como, Pavia, Varese), luoghi polivalenti in cui i giovani si possono ritrovare e riconoscere”.
Mi sembra più interessante invece spiegare la nascita del Neurone. La testata è inserita come percorso all’interno del corso di Giornalismo, tenuto dal sottoscritto.
E’stata per me una fortuna avere un gruppo di ragazzi così “variegati”, sia dal punto di vista degli interessi che dal punto di vista anagrafico.
Come potrete notare il blog è diviso in settori di interesse: Politica, Senso Civico, Arte, Sport, Cinema e Spettacolo, Musica e Libri. Ognuno di questi è composto da una micro-redazione di due ragazzi di età diverse.
Da “prof” sono molto contento del primo lavoro che i miei “discenti” han fatto, sperando che anche i nostri lettori possano pensare, attivare il neurone, quello che di solito pensiamo sia spento, ma in realtà è solo a riposo per la troppa sete di vita e conoscenza. E abbeveratevi!!!

Una meta contro l’Apartheid (il neurone 15 marzo 2010)

E’ il 1995 quando il Sudafrica, appena uscito dagli anni più bui della sua storia, ospita il campionato mondiale di rugby. E' uno Stato che, per larga parte del Novecento vittima delle politiche dell'Apartheid dei suoi stessi governi, è al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica internazionale, già da qualche anno, grazie al suo nuovo Presidente (il primo di origini africane) Nelson Mandela. La sua elezione, chiaramente osteggiata dalla privilegiata razza bianca sudafricana, ha fatto del Sudafrica un Paese realmente democratico, cancellando le politiche razziste dei governi degli Afrikaners.
Uno dei simboli più forti dell'Apartheid sudafricano, però, è proprio il rugby, lo sport per eccellenza della razza bianca, che si contrapponeva al calcio, sport più diffuso nella popolazione di razza africana. (Eloquente dell'odio che serpeggia nel Paese, è il tifo che gli emarginati di colore facevano per le squadre avversarie nei match di rugby). In quanto simbolo dell'Apartheid anche a livello mondiale, la partecipazione della nazionale sudafricana (gli Springboks) alle competizioni internazionali non era affatto gradito.
Nel 1995, il Sudafrica, scelto come Paese ospitante della massima manifestazione del rugby, i Mondiali, è ammesso di diritto ed anche per la recente svolta che il Paese stesso ha dato alle proprie politiche. E' lo stesso Nelson Mandela che, approfittando della grossissima vetrina internazionale, "decide" di fare degli Springboks, l'icona del nuovo Sudafrica, compito piuttosto ostico, visto che la selezione prevede una quasi totalità di atleti bianchi, capitanati dall'atleta Francois Pienaar, ed un solo atleta di colore, Chester Williams.
La nazionale sudafricana non parte coi pronostici favorevoli della critica sportiva, anche per gli sciagurati test match prima dell'inizio della competizione mondiale. Però, con l'inizio della manifestazione, gli Springboks iniziano una marcia trionfale vincendo con Australia, Romania, Canada, Western Samoa e Francia, ed affrontando poi, in finale, gli ultrafavoriti All blacks neozelandesi, dell'irresistibile John Lomu. Questa partita è una delle più combattute e belle del mondiale che vede, dopo i tempi supplementari, i sudafricani prevalere sugli oceanici per 15-12, col drop risolutivo del numero 10 Joel Stransky. Gli Springboks, così, diventano i campioni del mondo. Lo diventeranno anche nel 2007 in Francia, ma la vittoria del '95, assume per diversi aspetti una aura leggendaria, ispirando anche Clint Eastwood che, nel 2009, realizza il film "Invictus", la storia di quei giorni e del legame particolare nato fra Mandela stesso e il capitano Pienaar (interpretati, nella pellicola, rispettivamente da Morgan Freeman e da Matt Damon).
L'esempio degli Springboks, a mio parere, è da considerarsi emblematico. Una giusta politica di integrazione, a volte mischiata allo sport, è una ottima strada per superare le barriere costruite dalla paura del diverso.

DisIntegriamoli (l'onda 29 gennaio 2010)

All’urlo di battaglia della mafia locale, alcuni solerti cittadini di Rosarno hanno risposto “Presente”. Ed eccovi spiegate le giornate di grossissima tensione di qualche settimana fa nella ridente località calabrese.
Non vi sto qui a spiegare cosa è successo, i tg e le televisioni hanno dato ampia risonanza. Mi piacerebbe invece soffermarmi sulla reazione del governo, più che mai esemplare per farci capire con chi abbiamo a che fare. “Queste cose accadono perchè ci sono i clandestini”. Come come? In un primo momento, rimango attonito davanti alla televisione. Esco. Prendo aria. Non ci posso credere. Mi affaccio e di fronte (vivo nelle terre del ministro degli Interni) c’è un giovane operaio di colore che lavora su un tetto di una casa in costruzione senza le dovute protezioni. “Ah questi clandestini, oltre ad essere una piaga sono anche immortali” penso. Senza un caschetto, o una imbracatura, da quell’altezza potrebbe morire. Ma lui no, di sicuro no. Loro sono immortali. Riescono a resistere anche 12 ore filate, sotto il sole cocente delle regioni del Sud, a raccogliere pomodori, per pochissimi euro l’ora. Devono avere qualcosa che noi umani non abbiamo. Strana razza umanoide questi clandestini. Ed io che mi lamento perché 6 ore al Blockbuster sono lunghe e stancanti. Ma il governo vuole combattere questi extraterrestri. E loro più li cacciano, e più ne arrivano. Ostinati questi alieni. E vengono qui, senza permesso, e vogliono anche professare la loro religione? Non è proprio possibile, sarebbe da pazzi. E sentire che c’è chi li vuole, chi si appella alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Ma non sono uomini loro, son solo clandestini. E fan bene quelle camicie verdi, quelli che credono nel Dio Po, a voler sparare alle navicelle gommate che attraversano il Mar Mediterraneo.
Forse una soluzione sarebbe fare come i protagonisti del film Mars Attack (per chi non conoscesse http://www.youtube.com/watch?v=-MhgnMX73Pw ); bisognerebbe provare con Indian Love Call di Slim Whitman. Ma nel film gli alieni sono tutti vestiti di verde e parlano strano, per suoni gutturali, sono violenti; quindi, forse, gli alieni sono…..

Questa è lucida follia!?! (l'onda 27 dicembre 2009)

In questi giorni due casi han “sconvolto” l’opinione pubblica italiana. Due episodi che hanno una matrice comune: la follia. Ma cosa è la follia, in realtà..
Wikipedia definisce la follia come “mancanza di adattamento che il malato mostra nei confronti dell'ambiente”…ok….ma siamo convinti che Tartaglia e la Maiolo (la donna che ha tentato di placcare il Papa, nda) siano realmente folli?
Ma per dovere di cronaca ricostruiamo i fatti.
1) Caso Tartaglia-Berlusconi: è una domenica pre-natalizia nel cuore pulsante di Milano, la gente si affolla per le strade alla ricerca dei regali ed il nostro premier organizza la sua solita kermesse finto-politica in piazza Duomo. Finito il suo solito discorso contro la forte spinta pessimista/comunista in Italia, scende, come è tradizione, fra i suoi sostenitori per stringere mani e dispensare miracoli. Ma non tutto va come sempre. Fra i suoi discepoli si è nascosto Massimo Tartaglia, “armato” del tipico souvenir del Duomo, che appena visto passare Silvio, con una mira da far invidia ad un lanciatore di baseball, lo prende in piena faccia. Colpito duro, Rocky viene trasportato nell’auto presidenziale, soccorso, si rialza e con uno sguardo da pugile quasi al KO, guarda intorno a sé, mentre le guardie del corpo allontanano Tartaglia dalle grinfie dei fedeli, già pronti al linciaggio.
2) Caso Ratzinger-Maiolo: è la Vigilia di Natale. Il pastore tedesco entra in San Pietro pronto ad officiare la messa. Mentre percorre la navata centrale, una donna, tale Susanna Maiolo, scavalca le transenne e cerca di abbracciare il Papa. Quest’ultimo, temprato dal periodo come recluta nell’esercito tedesco anni ‘30/40, riesce a evitare il peggio. Cosa che il Cardinal Etchegaray, in quegli istanti accanto al Papa, non fa, rompendosi un femore.
Questi due casi, avvenuti nell’arco di due settimane, mi hanno fatto riflettere. Ma è forse pazzia la loro? O son loro ad essere lucidi, mentre noi siamo assopiti e drogati da questo mondo?
A voi la risposta.

Un maggiordomo scrive libri. Sogno proletario?? (l'onda 30 novembre 2009)

Nel precedente articolo sul caso Marrazzo e sull’influenza A si è parlato del potere che l’informazione ha sulla opinione pubblica.
Ma chi è il re dell’informazione italiana? Chi è il gran cerimoniere dei dibattiti televisivi? Chi da oltre 10 anni decide e discute delle vicende politiche e non del nostro Paese? Sì, è proprio lui, un uomo, un plastico di Cogne. Con il suo Porta a Porta, Bruno il maggiordomo ha fatto le sue fortune, ci ha regalato perle di fantastica televisione verità: le interviste fatte ai terremotati, il risotto di D’Alema e il contratto con gli italiani, sono solo degli esempi, ma potrei citarne milioni.
Solo che, il buon Vespa, non si limita a straziarci solo col suo programma d’ “approfondimento”; ha anche velleità da scrittore. Chi non ricorda capolavori del calibro di "L'amore e il potere", "Da Rachele a Veronica, un secolo di storia italiana". Quanto nei giorni scorsi il suo libro è entrato nelle nostre trasmissioni televisive preferite con delle “sconvolgenti” anticipazioni???
Straziante. Ma una buona idea per il Natale: se qualcuno volesse fare la brace oppure ci tenesse a fare Natale col camino…

Influenza A e caso Marrazzo…ma i veri problemi??? (l'onda 4 novembre 2009)

“L’Italia è una repubblica fondata sul gossip, la falsa morale e i terrori indotti”. Se solo i Padri costituenti avessero potuto dare uno sguardo all’Italia dei nostri giorni, avrebbero ripensato alla stesura degli articoli della nostra carta.
Partiamo dal caso Marrazzo. Dai bombardamenti massicci della tv italiana (strumento fondamentale nelle mani dei “costruttori” dell’opinione pubblica), noi tutti sappiamo ogni informazione sulla vicenda: sappiamo cosa l’ex governatore indossava durante il video commissionato dai carabinieri corrotti, la scena montata con le tre piste di cocaina e tutti i movimenti che questo video ha fatto nella varie redazioni. Ma sinceramente, di tutta questa vicenda, cosa ci importa realmente? Che Marrazzo abbia questa “perversione” sessuale non mi sembra sia un problema che ci riguarda; infatti non penso assolutamente che andare coi transessuali l’abbia condizionato nelle scelte per la Regione Lazio. Che abbia fatto uso di sostanze stupefacenti, tipo la cocaina, è una cosa ben più grave a mio parere. Ma chissà perché tutta l’attenzione si sposta su Brenda. Squallidi poi i commenti dei nostri politici, della serie “Almeno Berlusconi andava a donne”, come è indecente che un premier sia invischiato in queste storie di trame, di ricatti e di foto da acquistare.
Ed il caso Influenza A. Grazie a Topo Gigio sappiamo che dobbiamo lavarci le mani e che dobbiamo fare arieggiare le stanze. Ma veramente?? Dai telegiornali a Studio Aperto, tutti parlano della pandemia. Tutti si improvvisano grandi luminari della medicina. Aggiungere ulteriori commenti mi pare sia superfluo.
Penso sia più giusto però parlare di qualcosa di più grave che sta succedendo nel nostro Stato: il caso Cucchi, la crisi economica, l’attacco alla magistratura, le riforme. Ah no scusate, è vero..l’Italia è una repubblica fondata sul gossip, la falsa morale e i terrori indotti.

Marx 2009/2010: Profondo rosso (terza puntata)

Il nostro protagonista è finalmente riuscito a sfuggire alle grinfie cielline e, dopo essersi imbattuto nel volantino craxiano, che non ha fatto altro che rafforzare le sue convinzioni di trovarsi in un’era socialista, si imbatte in un giovane di bell’aspetto e vestito di tutto punto, che, proprio all’entrata dell’Università, lo attende agitando un volantino bianco e rosso e brandendo una penna; “Ciao, ti posso invitare ad una riunione? Ti interessa il marxismo-leninismo nell’era borghese, per sconfiggere la ventata antiproletaria che soffia nel nostro Paese soggiogato dalle forze capitaliste e reazionarie?”. Tramortito dalla domanda a bruciapelo, Marx non sa cosa rispondere. “Se vuoi lasciarci il tuo numero, ti teniamo informato sulle nostre iniziative”. Continua a capirci ben poco il nostro filosofo, sotto le domande incalzanti del giovane elegantone. “Ahhh, ho capito. Sei un socialdemocratico, venduto al padrone!”. Ed è proprio in quel momento che arriva un ragazzo di buon cuore che lo salva e lo chiama a sé con una scusa. Il giovane ben vestito molla la presa ed attacca subito un altro avventore, quest’ultimo ignaro di quanto sta per accadergli. Il salvatore del nostro eroe avvisa Marx del pericolo appena corso: “Ma sei fuori?? Quelli sono i comunisti avventisti del terzo giorno! Sono i testimoni di Geova del comunismo. Ogni volta che li vedi, devi dirgli di essere un socialdemocratico, e la smettono subito. Comunque piacere io sono Enrico”. Un po’di umanità finalmente per il filosofo “Salve io sono Karl, ero qui di passaggio.” “Karl? Beh dalla somiglianza con lui, mai nome fu più azzeccato” “Con lui chi?” “Niente, niente” taglia corto Enrico. “Senti Karl, io sto andando ad un incontro; è l’ennesimo tentativo di ricomporre le forze marxiste in Italia, vuoi venire con me?”. Marx accetta di buon grado, è troppa la curiosità di vedere cosa ne è stato delle sue teorie, vuole vedere questa prassi. Sicuramente potrà conoscere il presidente operaio, che sarà garante della pace fra le forze marxiste contrapposte; poi queste liti capitano anche nelle migliori famiglie, è la natura umana.
Ed eccoli arrivati in un salone ultrachic, con le sedie imbottite e le tende doppie alle porte-finestre. “Eccessi del potere” pensa Marx “l’uomo è avido, ama sentirsi potente”. Ancora giustificazioni per il nostro Karl, che subito cerca il presidente operaio. Si ferma a parlare con un vecchio compagno: “Mi scusi, saprebbe dirmi quando giungerà il presidente operaio?” “Chi? Il president uperè del menga?”. “Non certo brillante per cortesia l’interlocutore” fra sé e sé Marx. Allora gli mostra il volantino: “Vede questo: il presidente operaio. Accanto al grande leader socialista Craxi. Deve essere per forza qui”. “We Gino, ven chi” urla divertito il vecchio compagno, cercando l’attenzione di un coetaneo. Ma Gino non fa in tempo ad arrivare, che si scatena il solito dialogo costruttivo fra comunisti. “Zitto stalinista, vergognati!” “Siamo noi i più comunisti” “No, noi!”. Ecco. Nelle teorie marxiste è sempre stata fondamentale la sintesi. Come si nota, molti compagni non hanno idea di cosa sia questa parola. Ed ecco ergersi fra la folla rabbiosa, un uomo: “Ma bifogna fuperare la parola comunifmo, come ci fi può definire in una focietà come quefta, dove il precariato ammazza i fogni dei giovani. Il giovane deve fognare; è nella fua natura intrinfeca, non puoi tarpare le ali al giovane, al fuo bollente fpirito. Bafta!”. “Eccolo, è il poeta” dice Enrico avvicinandosi a Marx “Lui ha dato il colpo di grazia alla sinistra”. Karl è sbigottito: “Ma io, io non ci posso credere”. “Compagno Nichi, una parola. Sono anni che dico, facciamo una federazione, facciamo un partito. Esportiamo il mio modello. Conosci qualcuno del mio partito oltre me? Vedi? tu stai imparando. Ma bisogna spiegarlo ai compagni di Rifondazione.” “Sai, Karl, questo è un professore di Giurisprudenza” “Ah beh, proletariato puro” dice Marx. “Calma compagni, Oliviero, Nichi! La mozione 74 del mio partito, la mozione oltranzista bolivariana, ha votato contro il documento federale, ed ha deciso di fondare l’ottocentunesimo partito comunista in Italia”. “E’Ferrero quello, segretario del partito in cui ogni tesserato fa una mozione” ridacchiando Enrico. Karl inizia a sentirsi male. Gli manca l’aria. Ma all’interno del Salone è già bagarre: “Menscevico” “Maoista” “Migliorista” “Cossuttiano” “Bordighista” “Bolscevico stalinista”. Alla parola bolscevico, Marx perde conoscenza.
Si risveglia poco dopo, nel suo letto, nella sua casa. “E’stato solo un brutto sogno, Karl” continua a dirsi, però si trova il volantino craxiano in tasca. “Riflettendoci compiutamente però. Ok. Ci sono ancora i padroni del Potere Denaro, il Pd. Ci sono dei pazzi che si dicono marxisti (devo fare qualcosa per impedire che nascano queste forme strane di miei discenti). Ci sono gli avventisti. Però c’è il presidente operaio. C’è stato il compagno Craxi. I giovani sono così cordiali. Si vabbè vogliono la tua anima. Che sarà mai, so bene che non esiste! Lasciamogliela prendere. Sono sereno. Tutti i miei studi, tutte gli anni “persi” a pensare ad una società migliore. Ed io l’ho vista. Un presidente operaio. Sono commosso” Con le lacrime agli occhi, Karl ripone il volantino nella sua tasca, e si appoggia sul letto. Fissa il soffitto e sogna quella società migliore.

Marx 2009/2010: Italia Paradiso Cattosocialista (seconda puntata)

Piazza Duomo è ancora piena di persone. Via verso Piazza Fontana. Cosa sarà mai quello che prende alle persone in questa zona di Milano non si capisce: chi decide di farsi suicidare, chi decide di lanciare souvenir, chi decide che è arrivato il momento di guardarsi le scarpe mentre si fa lavoro di “bodyguard”, chi decide di salire sulla macchina e di riscendere conciato come Rocky Balboa, dopo la sfida con Ivan Drago. Ok troppa gente sulla strada di Marx. Una folla di giovani si reca verso lo stesso punto. “ Sarà una fabbrica” pensa Karl, notando l’entusiasmo negli occhi dei ragazzi. Ma han tutti libri in mano…non capisce il nostro protagonista. Incuriosito li segue, ma appena entrato in questa struttura viene placcato (quale termine più caro per descrivere la vigilia di Natale 2009 in San Pietro, con la partecipazione del pastore tedesco e di Susanna Maiolo?) da due procaci ragazze e da un tipo occhialuto e “sfigatissimo”. Una delle due, Benedetta, si avvicina al nostro Karl, porgendogli una fetta di torta. Colpito da tanta cortesia, Marx accetta il dolce dono dell’avvenente giovane (anche Marx è un uomo, eventuali critiche dogmatiche verranno censurate, ndA) e chiede a Benedetta il perché di quella fetta regalata. “Ma lo sai che ci sono le elezioni universitarie?” interviene l’occhialuto sfigato, Piergiorgio. “Se vuoi tra un po’ ci vediamo davanti alla Cusl e parliamo con tanti nostri altri amici. Siamo tanti, siamo belli e ci piace cantare tutti insieme, ma soprattutto ti diamo quello che vuoi, ti rendiamo tutto più facile, conosciamo tutto, sappiamo tutto, con noi trovi anche lavoro…ad una sola condizione.” Marx è meravigliato “Tutti amici, tutti si aiutano, tutti sono uguali..mi sento fiero di me!!”. Benedetta lo guarda, un po’stranita (forse è il suo sguardo in stand by quello?). Piergiorgio, con negli occhi un fuoco di avidità: “Vogliamo la tua anima vecchio barbone!!”. Questa volta è Karl ad essere stranito e tra sé e sé “Ohibò, ma io non contemplavo l’anima nei miei studi”. Benedetta capisce il momento di difficoltà di Marx, e con la sua voce angelica dice: “Non sarai mica un bolscevico di merda! Che voti? Pd?”. Spaventato il nostro protagonista scappa fuori e colpisce un ragazzo con un plico di fogli in mano. Il ragazzo approfitta e gli piazza un volantino in mano, un altro volantino! “ In onore di Bettino Craxi, leader socialista ed ex capo di governo, dedichiamogli una via, una piazza” ed una foto sul volantino assieme all’attuale presidente operaio. “Orgoglio proletario. Che bello!” Karl Marx è esaltatissimo. Continua a leggere, anche qui è citato il Pd. “Deve essere qualche gruppo di interesse di industriali e di sporchi borghesi. Bravo Bettino, buonanima, e bravo il compagno Presidente operaio, contro questo Pd (sarà Potere Denaro il suo nome) che vuole solo l’interesse dei capitalisti e di quei bolscevichi là”. Adesso Karl è fuori dall’università, sempre più convinto di vivere in una realtà che lui stesso aveva teorizzato.

Nella prossima puntata
“Zitto stalinista, vergognati” “Adesso basta, voi siete dei social-democratici” “Ma noi siamo più comunisti di voi”. “Non è vero, siamo più comunisti noi” Povero Marx, ti toccherà fare una bella Odissea…

Marx 2009/2010: IL RISVEGLIO (prima puntata)

Il seguente mini-racconto è una striscia che il nostro giornale proporrà nei prossimi numeri, e che vedrà impegnato il più grande filosofo della storia nella città di Milano ai giorni nostri. E’ intenzione dell’autore dare una chiave di lettura di quanto sta avvenendo nel nostro Paese in modo umoristico…ma non troppo.

IL RISVEGLIO
E’ una sera come tante a Milano. Frotte di pendolari che scappano per raggiungere gli ultimi treni disponibili, la città sembra svuotarsi. In piazza Duomo c’è il solito viavai umano. Vicino alla scalinata della Cattedrale, si vede un uomo barbuto steso che sembra svenuto. Una tipica donna della Milano “bene”, incuriosita e alquanto schifata per questa visione, si avvicina all’uomo steso per terra e con l’altezzosità che la contraddistingue, dopo essersi prudentemente coperta la mano con un fazzoletto e brandito il suo ombrello, scuote il malcapitato e lo sveglia. Appena aperti gli occhi, l’uomo si sente travolgere da una frase da milanese benpensante: “We te Islam, non si può mica dormire qui”. E’ strano questo barbone qui; vestito in abiti ottocenteschi, molto curato e con una faccia da brava persona. Guarda sconvolto, e allo stesso tempo stordito la signora: “Ma…ma dove sono?”
Sullo sfondo si notano due “guardie padane” che guardano la scena insospettiti. Col tono tipicamente baldanzoso e tracotante che solo un figlio del Po può avere, uno dei due si avvicina all’uomo e gli urla: “Alura, qui non si può stare neh!!”. L’altro sembra divertito dalla scena e porta le sue labbra all’orecchio dell’uomo sussurrandogli “ Islam vai a pregare Maometto da un’altra parte, fora di ball!”. Visibilmente scosso, lo sfortunato si presenta: “Sono Karl Marx, ma dove sono? Chi siete?”. I due scoppiano a ridere, non credono assolutamente a quanto sta dicendo questo povero pazzo. Divertiti gli passano un volantino e lo salutano dicendo: “Barbun, tieni la foto del tuo leader”. Strana foto quella nelle mani del filosofo. Era un semplice volantino. Questo pezzo di carta era in realtà una delle solite brochure del Pdl, col faccione di Silvio Berlusconi e con lo slogan “PRESIDENTE OPERAIO”. Quasi rinfrancato, dopo quanto accadutogli, Marx pensa: “Allora le mie teorie han dato i loro frutti”


Nel prossimo numero....due ragazzi con un sorriso angelico si avvicinano al nostro Karl. Tra le mani tanto amore e tanti interessi, ma soprattutto una fetta di torta. No, Marx, fai attenzione alla tua anima, sono....alla prossima puntata!

Il blog di Andrea Cazzato

Perchè creare un blog personale??
Mah...forse è un modo per tirarsela un po', per profumarsela..ora non lo so...però spero vi piaccia..contattatemi se volete parlarmi o chiedere informazioni.
Marx 2009/2010 è un racconto pubblicato per il giornale A piena voce, dell'Associazione Demos Studenti Comunisti dell'Università Statale di Milano e pubblicato successivamente anche sul sito del giornale stesso (http://apienavoceonline.splinder.com/tag/marx+2009-10).
Inoltre pubblicherò articoli di taglio satirico apparsi sul sito http://ondapaperpost.blogspot.com/, Ringraziando per la concessione dello spazio Rita e Luca.
Altre pubblicazioni presenti sono da ricercarsi nel blog del corso di giornalismo, che mi vedeva splendido insegnante http://ilneurone.blogspot.com/

Grazie

Andrea