mercoledì 11 gennaio 2012

Life in Padania per Cosmopolis

Una storia ambientata nel futuro di un giovane migrante meridionale
Ricordo, quando ero piccolo, quanto i miei genitori ridessero della Padania; allora pareva impossibile che un gruppo di “mentecatti” (così li definiva mio padre) vestiti di verde, potesse realizzare quanto andavano proponendo. Parlavano di secessione, di Parlamento padano, di non voler far parte più dell'Italia, di non voler più aver nulla a che spartire con quei ladroni degli italioti. Non appariva possibile agli occhi dei miei, quando fu veramente concessa la libertà a questi beoti, con una legge indecorosa, chiamata “federalismo totale”, di avverare il loro sogno. Pronipote del federalismo fiscale, approvato diversi anni addietro, questa legge permetteva ad ogni regione sì di poter fornire tutti i servizi più disparati, indipendentemente dallo Stato, ma anche di potersi accorpare ad altre realtà in modo da creare una specie di confederazione. E così, i padani, dopo che riuscirono a farsi strada nella gran parte dei consigli regionali di molti “distretti” del Nord (ora li chiamano così), eleggendo dei loro rappresentanti ai vertici di tali istituzioni, furono capaci di convergere in un'unica grande terra, che a Nord confinava con Svizzera ed Austria, ad ovest con la Francia, ad est con la Slovenia e al Sud con l'Emilia Romagna e la Toscana, divisi soprattutto dal Dio Po, come si ostinano a chiamarlo ancora oggi. E' un Paese aperto, da Nord ed Ovest, grossi problemi sorgono se sei un cittadino che viene dal Sud(anche per le persone provenienti da Est ci sono un po' di problemi, ma sono manodopera a bassissimo costo, e quindi la rogna è minore). Per passare il fiume divisorio, devi fare richieste e permessi su permessi, ma soprattutto è qualche padano a doverti chiamare per lavorare. La mia fortuna è stata il cugino Calogero, figlio di zia Adele e zio Pasquale, il fratello di papà. Mi han chiamato loro, per lavorare come manovale sottopagato (alla fine ci si è dovuti adeguare ai prezzi est-europei) col “cumpari” di mio zio Pasquale, il signor Goffredo Cazzaniga. L'unica cosa che mi fu raccomandata, quando mi dissero di andare, fu di studiare, mi inviarono dei libri per potermi preparare. Eh si, pare che il governo della Serenissima, il gran Rettorato protettore dei popoli padani, chiedesse, dopo 6 mesi di permesso di soggiorno, un esame di padanità. Lo “stana-terroni” o il “caccia-Baluba” come si affrettarono a definirla i pochi resistenti rimasti nella terra del Sole delle Alpi. Della storia della Padania, da noi in Italia, si sapeva, ed è così ancora oggi, ben poco. Pare che tutto quello scritto nei libri di scuola fosse una bufala. Fu ridimensionato l'apporto dei Romani e dei loro schiavi della Magna Grecia e fu creata ad arte una nobile e magica discendenza celtica. Il cugino Calogero, che ancora aveva difficoltà a mascherare la cadenza dialettale di origine, mi spiegò, appena arrivato che è storia vecchia. Il loro Garibaldi è stato tal Alberto da Giussano, una sorta di “power ranger”, come sentì da piccino in un film che andai a vedere al cinema coi miei genitori. Ricordo ancora quando, mentre giocavo con la mia Nintendo Ds, regalatami per la promozione in quarta o quinta elementare, i miei genitori ridevano pensando a quel pazzo di nome Bongiorno, Bonsecolo o qualcosa del genere, che, per spiegare l'esistenza della Padania, aveva fornito come punto di riferimento il formaggio Grana, “esiste il Grana Padano, quindi la Padania esiste”. Ridevano così tanto che mio padre continuava a soffiarsi il naso ed asciugarsi le lacrime, ed io non capivo, ero troppo piccolo allora. Ben altro tipo di lacrime, invece, quelle versate il giorno in cui la nuova bella presentatrice del tg annunciava, tutta ammiccante e sorridente, come da direttive della nuova concessionaria pubblica NewRai, in un'edizione straordinaria, che quella che i miei, sprezzantemente ed ingenuamente definivano la “Terra di Mezzo” o l'”Isola che non c'è”, era realtà. Ero già grande da capire lo sgomento nei loro occhi. Tutto d'un botto, la Jacuzia e la Kamchacka del Risiko potevano staccarsi e fare un Paese loro? “Una barzelletta, l'ennesima che siamo stati in grado di proporre come popolo italiano” era il commento più in voga di quei tempi, fra noi extra-padani. La cosa che ci fece capire il livello oramai raggiunto fu lo zio di mia madre, zio Nicola nato e cresciuto a Triggiano, ma già migrante all'età di 18 anni a Garbagnate Milanese, quindi quasi da 50 anni vivente in terra lombarda, che nel rifiutare l'invito di sua sorella al matrimonio del nipote, disse: “We, che vui terun l'avete minga voglia de lavurà. Nu sem chi a spaccarci l'ossa per vu, e tu me fai lassà il lavur per venir lì nella Bambagia a festeggiar il picul african. Ma va ciapà i ratt”. Non aveva ancora imparato a parlar bene il dialetto locale, ma già il vizio locale l'aveva preso. Ora il leader della Padania, il gran capo, è il figlio del padre della patria. Pare sia un po'ingenuo e poco furbo, ma ha avuto la grande accortezza, dopo la morte del padre, di circondarsi di vecchi leader carismatici, che ricordo una qualche sinistra affrettarsi a definire, quando erano al governo con Berlusconi, “al netto” persone ragionevoli. Questa era la stessa sinistra che possiamo considerare essere una delle cause, secondo me la più grossa, della nascita della Padania. Mi ricordo quando mia madre, aprendo il borsellino tirava giù ogni insulto possibile e malediceva sempre un professore di economia, il presidente del consiglio di allora, Monti. Nei suoi due anni di governo, dal 2011, il largo consenso parlamentare gli permise di impoverire a tal punto la popolazione italiana, che l'unica forza presente nei due rami,la Lega appunto, che faceva una dura opposizione, ne uscì ripulita, dopo essere stata per quasi più di 15 anni al governo, e quindi essere evidentemente fra le maggiori colpevoli di quanto l'Italia stesse passando. Le altre forze politiche, che si opposero, erano tutte extraparlamentari, visto che qualche anno prima, in nome dell'utilità, erano state “democraticamente” relegate ai margini. In nome del rinnovamento, parte di questi paria, scelse di seguire chi aveva permesso la loro estromissione. A loro volta, questo gruppo di neo-illuminati, guidati dall'imbonitore delle folle, ignorò sistematicamente le richieste dei deboli “identitari e radicali”, preferendo autoproclamarsi “unica alternativa possibile”, pur attuando una tattica di filosofica attesa e di attenta valutazione. Va bene, basta svelarvi il futuro e, per me, basta ricordare, fa troppo male. Vi dico solo che mio padre, giusto qualche giorno fa, all'età di 65 anni è morto in fabbrica, in catena di montaggio. Pare che, dopo 10 ore di lavoro continuo, uno a quell'età non regge lo stress e stramazza. Mia madre, corsa al capezzale di mio padre morente, è tornata a lavoro spaventata perchè il figlio del suo vecchio capo, un lavativo di prim'ordine, ha minacciato di licenziarla. Purtroppo, l'ha fatto veramente. Le vorrei dire di venire qui da me, le stavo già mandando i libri per il test di padanità, ma poi ho pensato che, alla fine, siam sempre in Italia, che si voglia chiamarla così o con un altro nome, i vizi e le ingiustizie rimarranno sempre gli stessi.

martedì 20 dicembre 2011

Cose dell'altro mondo per Siderlandia n.23

A quanti è capitato di guardare ai fatti di questi giorni e di esclamare proprio questa frase? In realtà, con questo titolo, non ho voluto far altro che citare il lungometraggio di Francesco Patierno (libera­mente ispirato alla pellicola di S.Arau “A Day without a Mexican”). Per chi avesse visto il film, ca­pirebbe quanto la trama di Patierno sia attuale. Per chi, invece, se lo fosse perso, il regista ha cerca­to di fornire un quadro dell'odierna Italia, se un giorno sparissero tutti i migranti. E l'ha ambientato proprio nel Veneto, la terra “simbolo” del partito capofila degli istinti xenofobi del Belpaese, la Lega Nord. Ma andiamo con ordine; l'enorme clamore mediatico sui fenomeni razzisti si è riacceso dopo quanto è successo a Torino e Firenze. Il finto stupro, con annesso assalto al campo nomadi, e il “folle” (ho qualche dubbio a riguardo) gesto dell'uomo di mezza età associato sin da subito a Casa Pound, che subito ha preso le distanze e ha eliminato ogni traccia, seppur con grande difficoltà vista la mole di lavoro, della connivenza con quest'essere. “Noi razzisti? Naaahh!” pare sia questa la reazione di Iannone (il leader) a quanti lo tacciavano di correità, “noi aiutiamo i bambini in Kenya!”. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, perchè vicini sarebbero mazzate, conoscendo gli elementi non certo pacifici che frequentano i centri sociali di questa rete neo-fascista. Ebbene sì, sono fascisti. Seppur con politiche “alla moda” e a favore di uno Stato sociale, antimperialisti e contro la globalizzazione, questi fustacchioni dal manganello facile e con grosso seguito, soprattutto nelle periferie, si scaglia­no contro i migranti clandestini e non e contro il “lerciume” che essi rappresentano, colpevoli di in­fettare il puro sangue italico. Quindi poi tanto scevri da ogni responsabilità su quanto accaduto a To­rino o a Firenze (aldilà della palese scomoda presenza del sicario) non sono, o no? Questo accade fuori dal parlamento; ma dentro chi avvalla ed esaspera queste politiche antimigrato­rie? Chi, al grido di “Padroni a casa nostra”, ha invaso le menti di tanti poveri orfani neuronali? Chi, se non la Lega. Guidati da leader pacati e tolleranti come Borghezio e Gentilini, appoggiati da set­tentrionali puro sangue come Rosy Mauro (nata e cresciuta a San Pietro Vernotico, che tutti sanno essere in provincia di Belluno) e Angela Maraventano, dal cognome tipicamente valdostano, cerca­no di proteggere la terra promessa, la Padania (per chi avesse dubbi sull'esistenza, prego di pensare all'esistenza del formaggio Grana), dall'invasione degli “Islam”, dei “Baluba” e degli “Zingari”. Co­municativamente in formissima in questi giorni, dopo anni all'ombra e al capezzale di Berlusconi, sono il simbolo dell'uscita a destra della crisi. Ad essere sincero, ho sempre pensato che da questo momento che stiamo vivendo se ne potesse venir fuori solo in due modi, o da destra o da sinistra. La prima delle ipotesi prevedeva la svolta reazionaria, con giustizia sommaria (vedi Torino) o con caccia al diverso (come Firenze). Parafrasando i 99Posse “Perché quando il compagno Marx si por­tava ancora non male il nemico del popolo era il padrone ed il capitale, ma adesso che non va più e lo stato sociale è finito, il nemico del povero è il più povero e così all'infinito”. Lo Stato sociale è sempre di più smantellato e quello che presagivano i cantanti napoletani si sta avverando con sem­pre maggiore evidenza. L'uscita a sinistra avrebbe richiesto una ammissione del fallimento delle po­litiche capitaliste e un rilancio di un'equità reale, visto che proprio di questo il nostro Paese aveva bisogno. Macchè, molto più comodo tutelare gli interessi dei pochi e far sì che il popolo si distragga e alimenti l'odio verso chi “ci ha rubato il lavoro e i soldi”. Da un lettore moderato mi aspetterei trasalimento leggendo queste parole, perchè qui si propongono due visioni, a suo dire “estreme”, che egli considera quasi uguali. Infatti, molto più spesso, con pro­fondissimo sdegno personale, mi sento dire che gli estremismi di destra e quelli di sinistra sono la stessa cosa. Attenzione, cari miei. Quel che si vuole equiparare qui sa tanto di Giampaolo Pansa, una sorta di revisionismo storico in tempo reale. Non ci sto, e non ci voglio stare. Non è possibile dirmi che sono come un fascista, la prenderei molto male. Mi parrebbe indecente paragonarmi a chi fa della xenofobia e dell'odio verso gli altri, la propria esistenza. Seppur drogati dalla televisione, che ha dato più spazio agli avvenimenti come gli scontri durante le manifestazioni che di quanto ac­caduto a Firenze e a Torino. Lì si parla di lanzichenecchi travestiti da indignati, e qui si parla di sin­goli che, in preda a “raptus”, si fanno giustizia da soli. No, non è giusto: perchè qualcuno avrà fo­mentato questi, che voi vi ostinate a definire casi isolati? Vi vedo sdegnarvi se un “pirla” qualunque, come è Giannino, di cui non ho e non avrò mai rispetto, dopo essersi presentato a Scienze Politiche a Milano ad una iniziativa di Azione Universitaria (gli studenti di destra, che per l'occasione erano apparsi con mazze e bastoni) è stato oggetto di un lancio di uova e ortaggi, e scagliarvi contro l'intero movimento studentesco di sinistra, in particolare contro gli autonomi, quei “fannulloni”, mentre si stigmatizza col “gesto di un folle” o col silenzio mediatico, quanto invece è successo in questi giorni. Che mica il vostro “moderatismo” risente ancora un po'di pregiudizio nei confronti di chi vuole una società più equa, e invece strizza l'occhio a chi vuol fare solo un po'di “pulizia”? Davvero non so che dire, se non “cose dell'altro mondo”.

Oliver Twist all'italiana (viaggio nell'orfanotrofio degli ideali postberlusconiani) per Siderlandia n.22

Più di un mese fa, il nostro Paese era una terra di rivoluzionari, di ragionanti e di “compagni”. Tutti si interessavano alle vicende governative ed ognuno di noi inveiva contro l'allora premier, trovando in lui la causa dei mali italiani. Una truppa di neo-rivoluzionari si affacciava nella schiera dei già tanti incazzati che il governo Silvio 3 aveva creato. La rinascita di un pensiero critico nel nostro Stato aveva fatto pensare alla fine dei mali, all'inizio di una nuova era “illuminata”. Quanti facevano fuoco e fiamme contro l'uomo di Arcore, quanti si andavano a piazzare davanti alle sedi parlamentari e a Palazzo Grazioli, quanti abbiamo visto attendere, cartelli alla mano da veri rivoltosi, la fine dell'ennesimo esecutivo Berlusconi, quanti intovano cori carichi di storia politica come “Chi non salta, Berlusconi è!”? Ebbene, alla fine della fiera, dopo anni di travasi di bile, la squadra antibiscione ha vinto. Non per mano loro chiaramente, ma per mano dell'alta finanza, che ha piazzato al governo del Paese un tecnocrate dal passato non proprio cristallino come Monti. Ne si apprezzi la sobrietà, va bene. Non si può fare altrettanto, dando un'occhiata al suo primo decreto, il cosiddetto “Salva Italia”. Sicuramente qualche privilegio, ben radicato, è stato salvato, questo è fuori da ogni dubbio. Non sto qui a fare l'analisi completa del provvedimento (qualcuno saprà dare meglio di me un'impronta più seriosa all'argomento), però neanche il tempo di approvarlo, che esco di casa e la benzina è aumentata di 10 centesimi al litro. 'Tacci che velocità. Poi qualcuno dice che non esistono settori in Italia in grado di recepire subito le direttive. Comunque, manovra alla mano, mi sarei aspettato che i khmer anti-berlusconiani si aizzassero contro questo scempio, contro questo taglio sociale. Ed invece, silenzio assordante. Probabilmente ancora in cerca di un enorme vuoto da colmare, molti di loro non sembrano ancora essersi ripresi. Immagino che se fosse stato Mr.B a fare una manovra del genere, questi gendarmi sarebbero scesi in piazza, orchestra al seguito. Ma invece, no! Al grido di “responsabilitè, sacrificiè e inevitabilitè”, ecco sollevarsi da più parti, da alleati insospettabili, il richiamo all'unità. La Repubblica, per un decennio capofila dell'intolleranza contro le vessazioni governative, pare essersi di botto ammorbidita, quasi cercasse di giustificare questa macelleria. Il popolo viola, da anni movimento leader delle manifestazioni antiberlusconiane, si è dissolto, travolto da un'insana voglia di rettitudine e pace. Altri, come l'Idv, dopo primi giorni di amore montiano, sembrano volgersi al risveglio, ridestanti dopo la sbornia postcaduta del dittatore brianzolo, per essere subito ricattati con termini come “irresponsabili” o “populisti”. Santoro, forse a corto di ospiti, per meglio equilibrare la sua trasmissione Servizio Pubblico, è costretto a chiamare Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista-Fds, che si è espresso, fin da subito, contro le politiche rigoriste del nuovo esecutivo. Il Partito Democratico, a gamba tesa come è suo stile, ha detto che qualcosina, piccina, per farla pochino più equettina la manovra si potrebbe fare. Vendola, altalenante, una volta è responsabile, una volta no; non sa nemmeno lui che fare, ormai. Sempre lungimiranti i grandi leader della sinistra, non c'è che dire. Talmente avanti, da dare il monopolio dell'opposizione parlamentare, e quindi regalare valanghe di consensi, agli analfabeti adoratori del Dio Po e fondatori di nazioni inesistenti. La Cisl e la Uil (ben accompagnati dalla Cgil, questa volta) proclamano 2 ore (passate a 3 dopo ore di trattative) di sciopero generale. Lunedì, a fine turno, dicono. Ho sentito tremare il Governo e Confindustria per questa durissima presa di posizione, per questa svolta “di forza” delle confederazioni sindacali. Il vostro finto senso di responsabilità, che tanto propugnate, lo stiamo pagando caro e vi sta costando quel minimo di credibilità che vi era rimasto, truppe di ultrà anti-berlusconiani. Orfani del vostro capro, brancolate nel buio come degli Oliver Twist; vi scaldavate ed esultavate quando un Montezemolo o un Della Valle qualunque, lanciavano appelli scritti con le loro Montblanc. Ed ora, ritirata strategica, oppure, a volerla dir tutta, siete solo dei complici dei Montblanchisti? Se solo Berlusconi non rappresentasse più una minaccia, non avrei altro desiderio che vedervi finalmente tutti compatti dove meglio vi si confà. Spero che prima o poi abbiate la dignità di svelarvi davvero al vostro elettorato, o, meglio, che la gente che ancora nutre speranze in un vostro lucido ripensamento, si rompa le scatole. Belli miei, i tempi della tifoseria sembrano essere deceduti, l'anti-politica (ahimè) vi sta divorando del tutto e il sistema economico che tanto frettolosamente avete abbracciato, si sta rivelando una bella mazzata alla “Tafazzi”. Credo sia giunto il momento che diate qualche risposta concreta, senza rifugiarvi dietro parole d'ordine incolori e penso che sia giunto il momento che diciate o facciate qualcosa di sinistra, per citare Moretti, non per forza di sinistra, ma almeno di buon senso. Chiedo troppo? Mi sa di sì! Dobbiamo aspettare che nasca, politicamente, un nuovo Berlusconi? Oppure sarà meglio che finalmente si torni a studiare, nel senso gramsciano del termine (“Studiate perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”), cosicchè si possa essere più indipendenti nelle valutazioni? La risposta per me è scontata: “Statt tu!”.

giovedì 1 dicembre 2011

Fiat: come ti cavalco l’anti-politica (Siderlandia n.20)

Ma c’è un po’ puzza di anti-politica e di qualunquismo in giro? Risposta più che scontata direi, visto gli ultimi sondaggi sugli umori dell’opinione pubblica. L’odio per i politici, in generale, le affermazioni del tipo “sono tutti uguali” o “destra e sinistra sono la stessa cosa” ormai sono frasi talmente trite e ritrite che appena aggiorni la tua pagina di Facebook, già qualcuno l’ha scritto nei suoi commenti. Che questa classe dirigente faccia poco per meritarsi stima e affetto, è un altro dato di fatto. Di certo, non siamo qui a difendere l’attuale classe politica, troppa poca cosa rispetto ai nostri padri costituenti e, senza andare poi così lontano, rispetto a Berlinguer e ad Aldo Moro. Chiaro è anche, però, che non è possibile generalizzare. Non credo siano tutti bidoni; quanto meno c’è da riflettere: perchè i vari Stracquadanio, Calderoli, Renzi e Rutelli sono perennemente ospiti in tv ed altri, sicuramente molto più qualificati, appaiono sempre molto raramente, o in programmi dall’audience molto limitato che, a confronto, la trasmissione Protestantesimo (con tutto il dovuto rispetto) sembra presentata da Fiorello. E’ scontato capire il perchè…perchè fanno AUDIENCE. Questa è la parola magica della comunicazione politica in Italia, oltre al termine “personalismo”. Pensate a grandi eminenze politiche come Gramsci, Togliatti o De Gasperi alle prese con le “ospitate” nei grandi salotti della tv. “Ma non si curano”, “Sono sciatti”, “Non hanno la moglie gnocca”, “Non urlano”, una vera e propria barbarie per i mass media. Quanto la cura dell’immagine, quindi, ha influito su questo china presa dalla politica? Tanto, cari miei. E tantissimo anche sulla sinistra, se diamo un’occhiata ai nostri leaders. Sicuramente meno in termini di bellezza, ma molto più in termini di linguaggio. Da un elettore di questa area culturale ci si aspetta un’attenzione molto più focalizzata, ma venti anni di stordimento berlusconiano hanno ridotto la capacità di buona parte di noi di intendere i contenuti e l’azione politica come principali, rispetto alla forma della parola e dello slogan. “E’ la nuova politica, bello mio!” mi direbbe qualcuno di voi. Mi si prenderà come un nostalgico, come un vecchio rintronato capace di infiammarsi solo con le relazioni lunghe anni e non provare alcuna emozione davanti a luoghi comuni, prose affascinanti o slogan da reazionari. Ma, sicuramente, questa nuova politica, la politica “mediata” ha generato codesti mostri, capaci di distruggere l’amore per quest’arte (se così possiamo e vogliamo definirla). Che la gente veda sempre questi programmi con i soliti noti, che hanno, in taluni casi, coscienze poco pulite, è sintomo del malumore. Se poi si va ad aggiungere l’elenco dei privilegi che i parlamentari hanno, allora apriti cielo! Tutto è marcio in Danimarca. Ed ecco che molti tromboni italici, famosi e non, salgono su questo carro dei vincitori, vista la portata (da sempre piuttosto cospicua nella storia della Repubblica) così vasta del fenomeno. Tra i tanti furboni che, carichi di odio per questa politica, cercano di riciclarsi anche loro e darsi una bella lavata, come poter tacere davanti agli spot Fiat? Avete presente la pubblicità della Nuova Panda? Quella con Luca e Paolo, che impersonano un politico ed il suo autista? Cadendo nei cliché più banali, c’è il politico, il solito “magnaccione”, che fa il furbo con i buoni pasto della mensa scolastica, che vuole evitare il traffico e fa attivare la sirena al suo autista, che raccomanda i parenti all’università, ed altri vuoti cosmici delle menti nostrane, tutta rappresentata dai pubblicitari incaricati da Marchionne and Co.di reclamizzare il nuovo modello Fiat. Però bisognerebbe ricordare alla nota azienda torinese che, quando si è trattato di prendere gli incentivi dallo Stato dopo i paurosi buchi di bilancio accumulati, “la casta che tanto prendete in giro era piuttosto utile”. Poi la voce che, fuori campo, afferma: “No ai privilegi, si ai vantaggi con Fiat”. La prima volta non ci potevo credere; chi rifiuta i privilegi? Quelli che si sono salvati col sedere degli operai per non rinunciare a qualche zero in più in fondo alla cifra degli stipendi? Quelli che hanno proposto il contratto decentralizzato ai propri dipendenti, con notevole ricaduta dei diritti dei lavoratori, per un rilancio che non è mai avvenuto? Pensate ad un metalmeccanico di Termini Imerese che vede questo spot…come l’avrà presa? Non è che siano proprio gli industriali alla Marchionne, alla Della Valle e alla Montezemolo a voler trarre il vantaggio più grande da questa crisi di consenso della politica mediata? Non è che, cavalcando l’istinto più basso e becero del medio cittadino italiano, siano loro a voler prendere, stavolta, in prima persona il potere e non demandarlo a qualcun altro dei loro pari? Si ai privilegi e si ai vantaggi per Fiat (e Confindustria).

Monti Caronte e Casini Noè: navigare informati (Siderlandia n.18)

Demos o democristos? Questa è la prima domanda che mi è sorta, dopo aver letto questo spostamento massiccio di deputati Pdl verso i lidi dell’Unione Democratica di Centro. In effetti è una domanda lecita. Quanto l’influenza del Terzo Polo, dei democristiani in particolare, peserà sulla nuova coalizione di governo? Che sia un nuovo esecutivo targato Berlusconi o meno, il passaggio della Carlucci e di altri deputati in seno al novello Noè Casini (che accoglie davvero degli animali sulla sua arca), ci fa capire come sia violenta la riproposizione dei buoni vecchi democristiani all’interno delle politiche governative nostrane. Con questo non intendo dire che dall’inizio della Seconda Repubblica ad oggi il peso dei centristi (così vengono chiamati adesso) non abbia influito pesantemente sulle scelte politiche dei due schieramenti. In questi 20 anni, o quasi, si è sempre, e troppo, sentito parlare della “caccia ai moderati”. Si sono fondati partiti per far entrare i moderati (vedi il Pd) e si sono abbandonate quelle politiche sociali ed economiche che tanto avevano portato al Paese, in tema di benessere lavorativo. Il tarlo del moderatismo, malattia ischemica della politica italiana e della sinistra in particolare, ha bloccato la circolazione di nuovi flussi di idee e di un nuovo ordine sociale perchè, sai, “i nostri elettori potrebbero non capire!”. Pensavamo di esserci liberati con Tangentopoli dei vecchi democristiani, invece no! Normale in un Paese in cui è una multinazionale come MTV a cercare di organizzare i giovani in campagne di sensibilizzazione ai problemi del Paese (ricordiamo il periodo della Riforma Gelmini e la campagna “Io voto”), o in cui si pensa di affidare un governo tecnico a Mario Monti, che fra le tante cose è stato advisor sia della Coca Cola sia della Goldman Sachs (per ricordare, una delle banche d’affari più grosse del pianeta, incriminata per frode negli Usa), oltre che presidente europeo della Commissione Trilaterale di David Rockfeller e membro direttivo del potente club Bilderberg. In questo periodo storico, in cui sono proprio queste banche d’affari fra le maggiori responsabili dello sfacio generale, noi ci affidiamo a Mario Monti. A ragion veduta è come se, finita la seconda guerra mondiale, gli alleati avessero deciso di affidare il processo di Norimberga a Joachim Von Ribbentrop. Chi ci deve traghettare dall’altra parte del guado, quindi, sarebbe uno dei “colpevoli” di questa situazione. Un Caronte del Duemila che, la mitologia greca ci insegna, trasmigrava le anime dei dannati lungo il fiume Acheronte. Andiamo bene! Ho letto, poi, dei papabili nomi del suo esecutivo. Di primo acchito ho pensato volesse coinvolgere il mostro di Firenze e Jack lo Squartatore, ma avevo preso un abbaglio. Fra i nomi di militari e di economisti, spiccano i nomi di Corrado Passera (tanto per non farci mancare un banchiere) e Pietro Ichino, l’uomo il precariato! E noi vorremmo riacquistare credibilità con questa élite, solo perchè non siamo in grado di esprimere una classe dirigente-politica all’altezza?! Mi sa che siamo in un bel cul-de-sac, per non essere volgari. A quando scrivo, le ore 18 di sabato 12 novembre, è stata approvata la legge di stabilità, che dovrebbe essere l’ultimo atto di Berlusconi premier (e finalmente!!!), e si apriranno le consultazioni per formare un nuovo governo. Sarà l’ora di Caronte? Penso, proprio di sì. Ricordate di informarvi prima di affrontare il fiume Acheronte.

martedì 8 novembre 2011

Il gps sul Calesse: l’epopea “facebookiana” dei politici tarantini per Siderlandia n.17

Coautrice Serena Miccoli su Siderlandia
“C’hanno detto che abbisogna parlare ai giovani”; sembra questa la motivazione che ha spinto la politica tarantina, spettatrice dell’appetitoso clamore che politici internazionali e nazionali hanno ricavato dalla “Social Sfera”, ad affacciarsi timidamente sui “nuovi” social network. In particolare su Facebook, ritenuto il più importante del “settore”. Ed ecco infatti una nutrita schiera di politici tarantini, improvvisati cybernauti, impegnati, in prima persona o tramite scriba, ad aggiornare profili, pubblicare note, rispondere, controreplicare, azzuffarsi o semplicemente sbirciare ciò che sui social media circola sul loro conto. Ma non tutti utilizzano lo strumento alla stessa maniera. In effetti questi siti permettono un uso diverso; a propria esigenza, potremmo dire. C’è infatti chi “apre un profilo” per pubblicizzare un prodotto, oppure un gruppo musicale, chi invece vuol condividere col mondo le sue impressioni. Ed è proprio questa la rivoluzione culturale più importante degli ultimi anni: la possibilità di comunicare e condividere i propri pensieri con un platea molto più vasta del solito angolo di Hyde Park. Non siamo qui ora a farvi il “pippotto” sui termini in voga tipo “peer to peer” (o p2p), “twittamelo”, “linkamelo”, “taggami”, ecc. per rispetto nei confronti del lettore e della sua sanità mentale (non osiamo pensare ad un uomo di soli 20 anni fa catapultato nei nostri giorni). Con questo pezzo abbiamo solo l’ardire di analizzare l’uso che i nostri politici locali fanno del nuovo mezzo di comunicazione, coi loro pregi e difetti. Certamente, alla categoria “ uso antico di una tecnologia nuova”(cit. Castells) appartengono coloro i quali, dalle proprie pagine Facebook, pubblicano unicamente comunicati stampa; spesso non si capisce se a gestire questi “profili/ripetitori”, siano i politici stessi, in un atto di “alto filantropismo”, o sia qualche anima pia per loro. Esempio di questo caso è senz’altro il Consigliere Pietro Lospinuso, al quale si attribuiscono due profili “ufficiali” ed innumerevoli fan pages create da utenti provenienti da ogni angolo della vastissima provincia, il cui ultimo aggiornamento risale al giorno successivo alle elezioni (o giù di lì). Poi ci sono gli “informati”, anche se la tentazione di appellarli come “spioni” è tanta: li riconosci perché non scrivono mai, accettano vagonate di amicizie per volta e, talvolta, fanno gli auguri di buon compleanno a qualche fortunato “amico”; semplicemente leggono il comunicato, la nota, l’articolo o la battutaccia del collega sugli altri o il proprio partito. I più integrati nel sistema dei social network, sono senz’altro, i “guerrieri”; basta una battuta, un articolo che non aggrada, un congresso congelato o una voce fuori dal coro, e questi politici sfoderano le sciabole, intervenendo nei commenti dei simpatizzanti/elettori/tesserati, per dare sfoggio di tutta la propria veemenza lessicale, forse convinti di partecipare al peggiore dei talk show o, peggio, sicuri che nessuno li legga. Il feroce atteggiamento trova la sua più particolare espressione negli interventi di molti esponenti, noti e meno noti, del Pd jonico, dai quali si evincono, irrimediabilmente le divisioni in correnti (vedesi Lemma, Capriulo, Generazione Democratica e chi più ne ha più ne metta). Fra i ben integrati ci sono anche gli “spammers a bestia”: quelli che ti taggano su ogni foto, video, post di loro interesse: segnalati, per questa inclinazione, Mimmo de Padova, su argomenti riguardanti l’aeroporto di Grottaglie, e Sabrina Sabatelli, schierata con il Consigliere Patrizio Mazza e sempre pronta a “coinvolgerti” nell’ultimo articolo riguardante l’Ilva, o in cui il Dottore è citato. Come dimenticare poi gli “idolatri”, tra cui spicca prepotentemente il figliol prodigo, Mario “Sound of Silence (S.R.©)” Cito. Carico di immagini, interviste ed esternazioni del passato e del presente del padre Giancarlo, Cito junior è a capo di una setta di tarantini dedita alle sedute spiritiche per far tornare in vita l’epoca del sindaco sceriffo. I nostalgici (e mai termine fu più appropriato) gestiscono numerose pagine su Facebook ed è il loro amore carico di frasi mai banali come “Cito Sindaco” o “Fann tutt schif, ma no tu Giancà!”, che fa degli “idolatri” una categoria quasi irripetibile nel panorama cittadino. Quelli che “profumano di elezioni” sono i migliori di tutti: contribuiscono a creare la “monnezza cibernetica” con pagine di sostegno, pagine di sostegno al sostegno, che diventano veri e propri book fotografici: contenitori di foto sia del candidato – o aspirante tale – in stile Mulino Bianco (nei paesi) oppure con sfondo Ilva (di moda a Taranto), sia di strade disastrate e cassonetti incendiati: immagini che si perdono nella memoria, puntualmente, il mercoledì dopo le elezioni. Di “eletti silenti” dopo la tornata elettorale ce ne sono tanti e il loro silenzio è assordante rispetto al chiassoso e affannato aggiornamento del profilo in periodo elettorale. C’è chi, però, comunica con l’elettorato. Aprendo il profilo del consigliere Chiarelli (Pdl), gaudente per aver raggiunto “numeri impensabili” nel tesseramento(2? 3?), si legge un “attendo segnalazioni e consigli per condividere con tutti la mia attività di consigliere regionale. Ritenetemi SEMPRE a vostra disposizione!”, che raccoglie 9 “Mi piace” e… 0 consigli. Ulteriore categoria, anche se propriamente composta da “vorrei ma non posso” o politici in erba, è quella dei “leoni da tastiera”. Questi personaggi, nel triste tentativo di consolidarsi come “opinion leader” o meglio ancora come “opinion maker”, lanciano dai loro profili Facebook battaglie di ogni genere, a volte giuste ma altre volte palesemente per “farsi notare” da qualche vip cittadino, che possa prendere in considerazione le proprie esigenze. Di questi vorremmo evitare di fare nomi, sia per mancanza di spazio che per l’imbarazzo che proviamo nel nominarli. Una categoria speciale vogliamo però inserirla; è quella degli “umoristi”: coloro i quali, poco inclini all’analisi politica seria, hanno creato delle pagine-burla per prendersi gioco dei nostri vari politici. Ricordiamo, tra queste, “Vidìme: stu caur’ ten cchiù fanz di Giancarlo Cito?”, di cui ci accolliamo la paternità e la maternità. Molto più apprezzabili e più seguiti i profili di associazioni come Donne Per Taranto, Filonide e la Città di Taranto, Cloro Rosso Taranto ed altri, che risultano molto più vitali e più partecipativi dei profili dei nostri politici. In ultimo non ci è stato possibile rimanere indifferenti davanti all’exploit comunicativo del nostro Sindaco, che in barba ai timori degli ultimi anni, ha iniziato con veemenza (è roba di questi giorni) un utilizzo virale della sua pagina Facebook. Se infatti, prima, il nostro primo cittadino si limitava, ogni morte di Papa, a pubblicare sul suo profilo comunicati stampa o iniziative di grosso rilievo, da una settimana a questa parte lo vediamo in tutte le posizioni plastiche dello scibile umano, oppure lo apprezziamo come “novello San Francesco” mentre dialoga con i cani. Ezio Stefano, però, non può essere considerato come un appartenente alla categoria “profumo di elezioni”. Infatti non si accontenta di usare solo un social-network; nel giro di qualche giorno eccolo apparire anche in Twitter e in MySpace, per la gioia degli utenti. Ricordiamo al sindaco, se non l’avesse già saputo, dell’esistenza di Google +. Probabilmente la sfida con Pelillo, anch’egli su Twitter e Facebook, ha inizio, anche sui social network.

lunedì 10 ottobre 2011

Reazionari di tutto il mondo, unitevi!

Finalmente mi è ritornata un po'di voglia di scrivere un pezzo. Era da giorni che me lo ripromettevo: "Andrè, scriv stu pezz!", ma sinceramente la voglia latitava e parecchio. Il perchè è subito spiegato: in realtà è tanto lo sconforto che c'è poco da dire. La crisi economica del mondo, e soprattutto del nostro Paese, è ormai una barzelletta. Le questioni Berlusconi-Tarantini-Lavitola sono talmente da "arrovellarsi il gulliver" (cit.) che mi sembra superfluo ed inutile parlarne. In Italia la democrazia sta diventando un'optional non è una novità: son 17 anni, quasi 18 ormai. Della Valle ci spiega che fa schifo la politica, giusto perchè il Governo non sgancia più come una volta. Parlarvi degli annosi problemi della sinistra e dei comunisti in questo momento è come sparare sulla Croce Rossa. Talmente è lo scoramento in questo periodo che, l'altro giorno, in pieno congresso ho sbroccato davanti ai miei compagni. Così giusto per attaccare turilla, come direbbe Camilleri. E allora addosso contro le prospettive di un'alleanza di governo con il Pd, e addosso sulle nostre evidentissime colpe del sopimento sulla classe operaia.."ci vogliono far credere che non ci sono più le classi, ma in realtà gli industriali la lotta di classe la fanno...eccome se la fanno!". Questo periodo è proprio da sangue alla testa, non trovate? Non riesco a sopportare i rivoluzionari da tastiera che fino a qualche giorno fa pubblicavano sulle loro bacheche facebook, "bimbominkiate" (stronzate da preadolescenti, per i miei lettori più agèe), ed ora sono tutti "Indignatos". "Ma andate a cagares" vi direi io (pesa il recente viaggio a Saragozza), ora che si sente "fizzo di miccio" (odore di bruciato, per i miei lettori "padani) siamo tutti rivoluzionari. Spacchiamo là, occupiamo le piazze, le poste, il telegrafo! La Qualunque colpisce ancora, e i leader nazionali di questi movimenti ti trattano come un appestato se cerchi di far capire loro che è forse la scelta capitalista che ci ha portato nella situazione in cui siamo. "No rivoluzione allora!", ti risponderebbero loro, se si togliessero la maschera, "ci basta una reazione". Ed ecco qui uscire prepotentemente allo scoperto slogan che ricordano gli anni tristi dei Moti di Reggio Calabria. Oppure ecco lì chi aspetta le parole d'ordine dal Pd, che in tutti i modi sta cercando di mantenere invariati gli interessi della classe dirigente di questo Paese. Vorrei sapere chi pensa, in un'ottica europea, che il Partito Democratico possa considerarsi ancora un partito di sinistra? Vi prego mi contatti e mi spieghi come fare per capire...a volte leggi certe dichiarazioni e pensi "Toh guardo sto coglione di Fassina del Pdl"..ma poi ti rendi conto che hai aggiunto la L come un riflesso condizionato, e ti sale la pressione a mille e cerchi rifugio nel cuscino, e ci gridi dentro per sfogarti, visto che le lacrime e lo sbigottimento sono finite da un po'. Come può una forza di opposizione essere così tacimente reazionaria è oscuro da capirsi: esempio lampante i già citati, nei post precedenti, fatti della Tav. Dopo queste parole di amore incondizionato verso il Pd, il mio segretario mi comunicherà, scherzosamente, che mi attenderà la Commissione di Garanzia del partito, commissione, per chi non lo sapesse, atta all'omicidio politico di chi fa il bambino cattivo. La sorte dei miti(li) sognatori è triste in questi anni! Come racconterò ai miei nipoti cosa sono stati questi anni? "Senti a nonno, vai a giocare fuori va, peppiacere!".

domenica 21 agosto 2011

Sotto il cielo di un'estate italiana


Grandissima estate in quel di Batalia (cit.da il Grande Dittatore), e non solo.
All'inizio mi scuso per la mia assenza, ma era in progetto l'estate "ignorante" e quindi mi sono dedicato a cose molto più meschine e abiette.
Dalle terre di Filomena Cozza Deturpata (visto le ultime vicissitudini che hanno colpito la miticoltura del tarantino), in questi giorni ho avuto modo di riorganizzare un po'le idee per scrivere un degno post; ce ne sono un bel po'di argomenti:
1) le rivolte di Londra: erroneamente (o furbescamente) tacciate come "rivolta di giovani teppistelli", la reazione inglese alla crisi mondiale (mediaticamente indotta) è stata veemente e giustificata. Questa volta non è un Paese dell'Africa Settentrionale, nè un Paese asiatico a "sbroccare", bensì la civilissima Inghilterra. I sobborghi sono esplosi, come qualche anno fa le periferie parigine. Sapientemente, per paura di emulazione dei popoli degli altri Stati, ecco i media(compresi i social media) che trasmettono di continuo le immagini del ragazzino derubato da un branco di coetanei; la tecnica del "pericolo per la gente comune" subito attivata, polizia sugli scudi e violenza "socialmente" accettata per reprimere le proteste. Sono convinto che in mezzo alla rivolta sicuramente ci sia stato più di qualche sciacallo (qualcuno anche infiltrato, come sempre) che abbia colto l'occasione per fare razzia (gli Stati Uniti ci insegnano anche questo). Derubricare il tutto ad una "rivolta di giovani teppistelli" mi sembra molto riduttivo e sbagliato.
2) la crisi economica mondiale: riapro la parentesi crisi, accennata nel passaggio precedente. Affermo che tale crisi è una delle innumerevoli chiacchiere che ci vogliono propinare. Quest'ennesimo attacco del capitalismo mondiale alle classi meno abbienti (vedi le misure che si stanno applicando in tutti i Paesi) mi fanno salire il sangue alla testa. Facendo riemergere in me il mai sopito odio per le banche (reali padroni delle nostre vite e dei nostri destini), proporrei la nazionalizzazione di quelle banche che sono, a dire dell'elite, la causa della crisi. Ritengo poi che sia disgustoso che un'agenzia di rating possa decidere le sorti di un Paese, quale esso sia la Spagna, l'Italia o gli Stati Uniti. Ciò vuol dire che quando votiamo, in realtà i nostri voti non contano un cazzo, se a decidere sono dei capitalisti chiusi nella stanza dei bottoni, che dicono se il tuo Paese è "economicamente affidabile" o meno.
3) Confindustria si rifà sotto: in questa bagarre da crisi, ecco che Confindustria si riaffaccia prepotentemente per ricavarne sempre maggiore profitto. Ed eccoli lì, che nel pieno delle vacanze estive, ci fottono il 25 aprile, il 1 maggio e il 2 giugno, tutte festività che hanno sempre mal digerito, proprio perchè nella testa loro l'unica cosa a contare è il denaro. Poi chiaro, i massoni di Confindustria mica lavorano mai, cosa ne possono sapere della Festa dei Lavoratori, fascismo o democrazia, monarchia o repubblica loro i soldi li fanno comunque, quindi via 25 aprile e 2 giugno. Appena però avanza l'idea del contributo di solidarietà, eccoli subito scattare come i forsennati a difendere il loro patrimonio. Perchè tu povero lavoratore devi sgobbare e devi sacrificare le tue giornate sacrosante, mentre l'imprenditore non sia mai che rinuncia al suo yacht. Quann è cris, è cris p tutt, belli miei, anche per il Vaticano (figura di merda interplanetaria, per il nostro Stato che non fa pagare l'Ici alle strutture ecclesiastiche)!
4) rigurgiti qualunquisti: in ultimo voglio parlare dei miei animali da compagnia preferiti, quei qualunquisti che di tanto in tanto, e sempre meno di rado, affollano la mia bacheca facebook, la mia casella di posta, la mia vita quotidiana, inquinandomi le orecchie con ovvietà e vuoti intellettuali che mi fanno cadere sempre le palle a terra. "I politici hanno i privilegi" MA VA??? Ma davvero? Ma chi l'avrebbe mai detto? E quindi? "E' tutto un magna magna", "Sono tutti uguali" aridaje! Il giorno che il magnamagnesimo e il sonotuttiugualismo abbandonerà la mia esistenza, quando tutta questa gente smetterà di seguire il "caro leader" di turno, quando la smetteranno di dirmi che credo in "un'ideologia sconfitta e superata dalla storia", mi metterò a ballare il tuca tuca con Gianni Florido.
Più avanzano gli anni della mia vita e più mi rendo conto che la mia Batalia si merita proprio un altro Bonito Napoloni!

lunedì 11 luglio 2011

Chi non salta Berlusconi è!


Nei vari post sul mio blog ho analizzato varie forme di homo politicus; ho parlato degli indifferenti, dei leccapiedi (a vario titolo e diritto) e ho accennato, nel pezzo sull'antifascismo, a figure di nuova generazione che chiamo i tifosi politici.
Questo genere di personaggi sono coloro i quali fanno della propria fazione politica un "team" per cui tifare come si fa per le squadre sportive.
Queste persone hanno i loro idoli indiscussi, che non si possono "toccare" senza scaturire indignazione e dileggio (proprio come fanno gli juventini quando gli tocchi Del Piero); hanno la loro squadra antagonista a cui non possono e non devono dare appello, aprioristicamente ("L'Inter ha rubato più di noi"); e tutti quelli che odiano la squadra nemica, allora sono da tributare ed idolatrare temporaneamente, fino a quando non diranno qualcosa che cercherà di smarcarsi dal fardello del nostro appoggio ("anche secondo il presidente del Catania l'Inter ha rubato, e allora W il presidente del Catania"). Sostituite all'Inter la parola Berlusconi (o chi per esso), facciamo che gli juventini sono il centrosinistra (e Del Piero sia un Vendola, un Bersani qualsiasi) e facciamo che il presidente del Catania sia il Saviano o il Gianfranco Fini della situazione. Che cosa cambia?
L'eccessiva semplificazione della politica italiana, e di riflesso, nelle nostre menti, della politica mondiale, ci ha portato ad essere acritici e acefali da non capire che, non è perchè uno non ama il mio avversario, vuol dire che è un mio amico. E allora rimaniamo spiazzati quando Saviano difende il governo di Israele (dal suo punto di vista, giustamente) o quando Gianfranco Fini caga fuori qualche vecchio retaggio del suo essere post-fascista.
A chi vogliamo dare la colpa di questo "mondo del tifo" applicato alla politica? Solo a Berlusconi? O al fatto che l'alternativa che si propone a Berlusconi è parecchio confusa e parecchio simile alle idee dell'attuale premier? Questa politica che si è svuotata di contenuti, e si è riempita di sterili immagini ci ha fatto abbandonare quel minimo spirito critico, per cui alle manifestazioni non si urlano più slogan per qualcosa, ma si canta "Chi non salta Berlusconi è!". Quest'impoverimento, ahinoi, è trasversale; colpisce in ogni area; come fra i fascisti, anche fra molti compagni che ragionano in questa maniera perversa ed auto-distruttiva. A mio parere, ragionando così, non facciamo altro che avvalorare la tesi del "sono tutti uguali" che da anni (che sembrano secoli, ormai) imperversa nella mente del cittadino medio.
Faccio bene ad inorridire quando sento che alcuni compagni, animati da questa vocazione "internazionalista", appoggiano le politiche comodamente antiamericane (che poi antimperialiste non lo sono affatto) di Stati governati da dittature che, la prima cosa che hanno fatto saliti al potere, è stata quella di cancellare i comunisti. Si appoggiano questi Stati perchè si ribellano al potere totale statunitense. E allora tributi a Gheddafi, Saddam Hussein ed altri personaggi che poco hanno a che vedere con le nostre culture. Appoggiare e sostenere i popoli assoggettati alla fame di dominio americana, non vuol dire appoggiare chi ha assoggettato prima quei popoli alle sue politiche dittatoriali.
E' semplice capire che la politica, la storia e la società non sono come una partita di calcio o di basket. Questo pezzo è solo un breve sfogo, perchè ritengo che questo modo di pensare ci stia facendo scomparire dalla faccia della terra, e stia favorendo un'idea della politica personalizzata, che anche a sinistra pare aver fatto breccia, per la disperazione (sto immaginando eh) dei nostri padri culturali.
Sono sicuro di generarmi, con queste parole, aspre critiche, proprio perchè alcuni di quelli che leggeranno queste parole si riconosceranno nel tifoso politico. Senza creare casino fra i vari commenti, ed innescare polemiche a non finire, ne può parlare direttamente con me.

lunedì 4 luglio 2011

"Mio cuggino" era un blecchblocche!


Non so quanti di voi abbiano la fortuna di conoscere questo pezzo fantastico di Elio e le storie tese (ascolta). E' un pezzo favoloso sulle leggende metropolitane, tutte fatte da questo fantomatico "cuggino".
Ecco, a proposito di leggende metropolitane, parliamo della manifestazione di domenica 3 luglio in Val di Susa. Dimostrazione molto partecipata (50 mila secondo gli organizzatori, i soliti mille per la Questura), molto colorata e molto vitale. Ma anche molto osteggiata, da tutte le parti politiche parlamentari, Pd e Pdl in testa. Inutile starvi qui a riportare le affermazioni dei vari Fiano (responsabile sicurezza del Pd) e di uno a caso dei tanti del Pdl, che accorrono sempre in difesa (a parole chiaramente, non nelle finanziarie) dell'operato dei tutori dell'ordine. Ormai non ci si può più sorprendere delle parole di esponenti del Pd, sempre più lontani da una qualsiasi idea di reazione agli abusi, questi sì perpetrati dai poliziotti e dai carabinieri nello sgombero del cantiere di qualche giorno fa. Ti mazzulano, ti attaccano e ti lanciano lacrimogeni al gas Cs (giusto illegale quando ad usarlo era Saddam Hussein, diventato magicamente "legale" quando sono le polizie occidentali ad utilizzarlo per disperdere i manifestanti).
Un altro movimento trasversale quello dei noTav. C'erano amministratori, famiglie, partiti politici, gente comune e ragazzi dei centri sociali. E come sempre, quando ci sono questi movimenti, ecco apparire i "facinorosi", quelli che le veline, pubblicate da Repubblica.it (che ringraziamo per averci continuamente tenuti informati sui feriti delle forze dell'ordine, mentre di quegli altri poco ci interessava), si affrettano a definire "black block".
Da quanto tempo, i cari "black block" non tornavano alla ribalta. E stranamente, eccoli qua, proprio come le manifestazioni del g8 di Genova (uno dei più grandi, se non il più grande movimento trasversale, che andava dai boyscout agli autonomi veneti). Onnipresenti quando ci sono questi eventi. Come mai?
Delegittimata come una qualsiasi protesta "Nimby" (acronimo di "Not in my back yard", "non nel mio giardino"), si capisce bene che non è solo una protesta contro il deturpamento di un'area, bensì una chiara manifestazione contro un'opera non considerata di importanza vitale per i trasporti (chiaro che le linea ad alta velocità non sono proprio un'opera per il proletariato, quando a dover avere maggiore attenzione sono i trasporti regionali, ancora rimasti a standard anteguerra). Chiaro che si potrà ribattere che questa è un'opera che "l'Unione Europea pretende e finanzia coi suoi soldi". E credo che, è proprio il movimento noTav a non mirare solo alle politiche dello stato italiano, bensì alle politiche comunitarie che fanno dell'Europa sempre più un mondo a misura di manager e di gente abbiente.
Tornando ai black block, queste figure leggendarie (nel vero senso del termine) che appaiono sempre durante queste manifestazioni, secondo il mio punto di vista non credo, e ogni volta me lo si conferma, siano realmente un movimento esistente. E mi spiego questa cosa, perchè ad ogni santa manifestazione questi riescono tranquillamente a "scavallare" la digos, che conosce tutto e tutti quelli che fanno parte dei vari movimenti di protesta. Come mai, sempre, i black block, sempre annunciati e temuti, si presentano alle manifestazioni? Come fanno? Sono scapocchioni gli agenti che non ci sono attenti, o sono distrazioni volute per tacciare tutto un movimento di essere violento? Oppure questi black block non sono altro che gente (esterna e interna alle forze dell'ordine) ingaggiata per fare casino e screditare?
Probabilmente non avremo mai risposte, o forse le avremo solo quando, morto ogni "germe di ribellione", vivremo tutti sottomessi e silenziosi. Dubito ci daranno mai queste risposte.
(Un piccolo inciso di "putea" (bottega). Tra i partiti politici presenti, secondo la stampa, ci sono i Verdi e il 5stelle. Citerebbero pure il partito della salama, pur di non parlare mai della Federazione della Sinistra).

giovedì 23 giugno 2011

Padania's got talent


Casus belli? l'Italia peggiore? Fancazzisti? Questi giorni post-elettorali/referendari di giugno ci hanno regalato perle comunicative a frotte.
Partirei da Giorgio Stracquadanio, che, preso da un attacco di autolesionismo pure, ha dato contro prima ai dipendenti pubblici, rei di "non fare un cazzo" (e qui cito) e poi ha chiamato "panzone" il blogger democratico Mario Adinolfi, distinguendosi per il suo eloquio maturo e privo di eccentricità. Forse vi ricorderete di Stracqui per affermazioni a favore della prostituzione per fare carriera politica, o per quel toccante pensiero sul terremoto aquilano: "era una città che stava morendo, indipendentemente dal terremoto e il terremoto ne ha certificato la morte civile" ed altri innegabili spunti di acume intellettivo.
E Brunetta può essera da meno? Il ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione, ha avuto l'ardire di tacciare i precari come "l'Italia peggiore", interrompendo, durante una conferenza, una donna che interveniva, a nome della rete dei precari, per porre delle domande al Mini-stro(nzo)! Renato non è nuovo a queste uscite di stile; come dimenticarsi degli attacchi alle "retrograde" Calabria e Campania, ai "fannulloni" della Pubblica amministrazione (ecco da chi l'aveva sentita Stracqui), al "culturame" riferito al mondo del cinema italiano.
Che elementi fantastici, che personalità di spicco, quanta moderazione dal Popolo delle Libertà; avranno prima sentito Bisignani, o se ne sono usciti così, giusto per prendersi un po' della libertà che c'è nel nome del loro movimento?
Ma, per fortuna, non c'è solo il Pdl. Fremiti di goduria si sono provati anche a Pontida, dove la Lega Nord ha tenuto l'annuale incontro per la stagionatura dell'erba per le mucche contro le Quote Latte. Tra un'ampolla e un rutto del leader, si sono susseguiti sul palco i farneticanti uomini verdi, osannati da una folla di signori dallo sguardo vivo e intelligente. Proposte epocali si sono succedute a ritmo frenetico; il vero coupe de theatre, già preannunciato qualche giorno prima dei ballottaggi, è la proposta di spostare a Monza, alcuni ministeri residenti oltre il Po. Niente di meno, c'era proprio il sindaco brianzolo Mariani a presentare il progetto: occupazione di parte della Villa Reale, capolavoro architettonico del capoluogo lombardo, nonchè dotata di un parco immensamente meraviglioso. Su questa proposta si è scatenato il macello; Polverini e Alemanno hanno levato gli scudi in segno di protesta contro il governo e la maggioranza. Ed è proprio il sindaco di Roma, che ospite al tg di La7, che cerca di dialogare, in diretta tv, con l'esponente più importante della Lega a Milano, Matteo Salvini (si, quello dei posti riservati ai milanesi sui tram). Alla domanda del conduttore Mentana, se fosse quello il "casus belli" in grado di scatenare la caduta del Governo, il buon Matteo, per meglio adattarsi all'ambiente che lo circondava, risponde da Pontida che saran pure belli, ma a Roma ci son troppe cose. Che pure tu, Mentà, ti metti a sparare sulla croce rossa?
Quando ho scritto l'articolo, hanno detto "solo" questo. Ma, viste le premesse, sono convinto possano fare meglio, quindi mi perdonerete le eventuali omissioni. Signori, qui si vaga nel buio più totale. Non accendete la luce però, è così divertente!

martedì 14 giugno 2011

“Sì, sì, sì, sì, legittimo godimento” (articolo per il sito siderlandia.it)


Apro il mio pezzo di analisi del voto referendario del 12 e del 13 giugno, riportando una delle tante frasi che sono comparse sui cartelloni della festa tenutasi a Roma per il raggiungimento del risultato.
Ebbene, ha vinto con esito a dir poco plebiscitario il Sì per tutti e quattro i quesiti: privatizzazione dell'acqua, profitti sull'acqua, legittimo impedimento, energia nucleare. Mi pare inutile stare qui a spiegare di cosa parlassero uno per uno, sicuro che i lettori del pezzo sono più che informati a riguardo. Il risultato era assolutamente scontato, era palese. Meno, molto meno, il superamento del 50% + 1 degli aventi diritto al voto, il cosiddetto e, per molti amanti dei referendum (come i radicali), stramaledetto, quorum, lo “scattaquorum” come, molti come me, hanno ribattezzato in queste ore di attesa dell'esito elettorale.
Fin dalle 22 di domenica sera, ora di chiusura dei seggi della prima giornata elettorale, però l'affluenza era già ben al di sopra delle aspettative: 41%, cosa che, la mattina di lunedì, ci ha fatti svegliare piuttosto sereni, visto che, come al solito, ci sono sempre quegli stronzi (con stima, in questo caso) che si vanno a recare all'ultimo a votare, giusto così per farti stare un po'in pena.
Tran tran di numeri, di cifre in questa due giorni; da mesi ormai che sul web, secondo me fondamentale per il raggiungimento del quorum, si contattava la chiunque per ricordare delle elezioni, visto che i media mainstream (i tg soprattutto) sembravano, come da velina governativa, glissare su quest'argomento. Alle 15 di lunedì, arrivano le prime certezze dell'ottimo lavoro, anche se Maroni e Berlusconi, con un ultimo colpo di coda, in barba a qualsiasi legge di turbativa dell'esito elettorale, poco prima della chiusura dei seggi, tranquillizzavano sul superamento del quorum. Il 56% o giù di lì degli aventi diritto si sono recati alle urne. Esplosione di gioia in tutte le piazze, comprese quelle virtuali. Un'ulteriore “sberla”, come la Lega si affretta a commentare, dopo 15 giorni appena dai ballottaggi. Ma chi ha vinto e chi ha perso queste elezioni? Perso è facile da dire, Silviuccio e Confindustria care. Vinto ,un po'meno: sicuramente i vari comitati referendari, quello sull'acqua pubblica, sul no al nucleare e sul legittimo impedimento più i partiti tipo Federazione della Sinistra, Italia dei Valori e Sel, che sin da subito hanno appoggiato con tantissimi banchetti in tutta Italia la raccolta firme per la presentazione dei quesiti. Ha vinto la base del Pd, un'altra volta, che inizia a pesare un po'di più nel partito, anche dopo i voti di Milano e Napoli, che hanno spinto la dirigenza ad appoggiare in toto tutti i referendum, anche se i mal di pancia sono stati molto forti. Ha vinto la società civile, la cosiddetta “riscossa civica” (che, personalmente, le ha già scassate), che per una volta, al di là dei partiti di appartenenza si è recata a votare, stracatafottendosene degli appelli dei leader al non voto che, pur di portare a casa la pagnotta, sicuri che, un confronto ad armi pari, avrebbe sgretolato ulteriormente il loro consenso nel Paese, hanno preferito arroccarsi sulle posizioni dell'astensione. Bella figura, avete fatto! Le facce a lutto di La Russa, Santanchè, Belpietro e Fede sono sempre una soddisfazione, soprattutto in queste giornate piovose, almeno qui al nord. Non ve l'aspettavate, che portavamo a votare anche gli anziani di 99 anni, come avremmo portato a votare anche quelli che avevano fatto filtrini della loro tessera elettorale?
Spero mi perdonerete l'asperità di alcuni termini, ma quando ci vuole, ci vuole; e spero, anche, che questo bel “vento di cambiamento” continui a spirare ancora un po' nel nostro Paese, che dopo anni di zaffate pestilenziali, mi sa che proprio non ne poteva più!

mercoledì 8 giugno 2011

Indifferentemente


Dante nella Divina Commedia, tramite il personaggio di Virgilio, così diceva degli ignavi: "Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa." La figura dell'ignavo, da qualche anno, è tornata di moda. Il moderno neutrale, colui il quale non si esprime. Da non confondersi con tutti coloro i quali si astengono dal voto: molti di loro, come anche Raniolo riconosce nel testo "La partecipazione politica", col loro non presentarsi in cabina elettorale, vogliono esprimere un disagio, vogliono dare un segnale di incazzatura, mista a delusione e senso di ribrezzo per l'attuale classe dirigente. Non mi riferisco a loro, che, si può essere d'accordo o meno, esprimono così il loro parere, perchè almeno un'idea se la sono fatta.
Parlo ai neutrali (gli ignavi del 2000); voi che mai vi interessate, troppo presi dalla vostra vita, che troppo sprecate per informarvi del vostro futuro, secondo voi Dante aveva ragione a piazzarvi nell'Inferno? Secondo me, si! Sono sicuro che nemmeno sapete che il 12 e il 13 giugno si decide se cacarvi un reattore nucleare in casa, se permettervi ancora di possedere un bene prezioso per l'umanità come è l'acqua, e se fra qualche tempo a comandarvi sarà una elite di ingiudicabili. Troppo pieni di impegni, a decider dove andare in vacanza, a mettere i soldi da parte come i bambini per permettersi qualche giornino in più in Sardegna (prisi, vi avviso che hanno aumentato i costi del viaggio in traghetto, quindi attaccatevi al tram!). Come redimervi, almeno un po', mi chiederete. Ecco, in questi giorni, andate a cercare la vostra tessera elettorale, chissà dove è sepolta, sicuramente si troverà sotto un vecchio numero di Sorrisi e Canzoni con la foto di Corrado in copertina. Alzate il vostro culetto dal divano, tanto il campionato è finito, scendete di casa ed invece di andare a messa, andate in quella scuola maledetta, con quei numeri del cacchio scritti in alto, affianco a quella parola che sa di stantio "SEGGIO". Entrate dentro, cercate il vostro, date il vostro documento e vi danno quattro lenzuolini. Entrate dentro la cabina, e c'è solo da cacare una X, nemmeno lo sforzo, immane per chi il massimo che scrive è la lista della spesa, della preferenza. Forse è capace che quell'odore rancido di scheda vi faccia tornare voglia di guardare meno stronzate in tv, e di informarvi un poco di più. Almeno solo per dirvi, "..cazzo ma già negli anni Ottanta ho votato per dire no al nucleare, ancora?". Perchè, quando non vigili, perchè sei troppo impegnato a mandare sms per salvare Tizio dalla casa, i vecchi mostri a volte ritornano; il nucleare, le cinquantamila ore di lavoro alla settimana, le malattie non pagate, ecc. Pensavi che ormai fosse tutto bello che assodato, ed invece no! Te le devi difendere queste cose, e mica puoi farlo da indifferente. Gramsci diceva: "Odio gli indifferenti. [..]L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?". Non vi lamentate, poi. Io ve l'avevo detto...di certo non sono nè Dante Alighieri, nè Antonio Gramsci, però anche io non vi sopporto. Io non ci sto a pagare la vostra indifferenza. Datemi del "partigiano" ora!

sabato 28 maggio 2011

L'è un punk Islam


Capolavori teorici, visioni al limite dell'ineguagliabile, fenomenali spot di altissimo livello tecnico, pregiudizi a gogò e affermazioni politicamente sconcertanti e violente. Ecco spiegata, in poche parole, la campagna pidiellino-leghista in questa tornata elettorale.
Napoli e Milano diventano le città dove l'armata d'Arcore si scatena, forse come mai ha fatto, o almeno mai con questa densità ed intensità. Droga a Palazzo Marino, stanze del buco, ecopass e multe condonate, figuranti, furti d'auto, finte risse, rocker ormai sul viale del tramonto e zingaropoli. Un qualsiasi consulente politico, leggendo questa sequela di follie, avrebbe le convulsioni. Non i comunicatori della Moratti, cambiati fra il primo e il secondo turno che impostano una strategia talmente disperata da non meritarsi neanche un briciolo di serietà di risposta.
Infatti, fantastica è stata la reazione, soprattutto sui social network, dei sostenitori di Pisapia, che hanno lasciato libero sfogo alla fantasia per destrutturare e ridurre in poltiglia le congetture e le illazioni della banda dei berluscones. La scelta di rispondere in maniera ridicola ad affermazioni talmente paradossali che possono presupporre una nevicata in Agosto, è stata una scelta gloriosa e colossale. Come un cavallone culturale che ha inondato la rete per sommergere i penosi tentativi di questa destra sempre più meschina ed ignobile.
C'è chi parla di vento di cambiamento, una cosa un po'retorica ma potenzialmente esatta. Io, invece, affermo, come faccio da anni, che la feccia vada seppellita sotto una montagna di risate e sfottò; presi seriamente, questi mesti personaggi, vengono automaticamente elevati ad interlocutore credibile, e riconosciuti come legittimi portatori di valori. Questa destra non ha nè un minimo di credibilità, nè un minimo di valori, se non quelli legati al guadagno e al cadreghino. Culturalmente ignobili (possibile un raffronto serio fra quel capraro di Lettieri e Luigi De Magistris?), volgari come nemmeno il più bieco "cuzzar arricchisciut" (vedi la Santanchè o altri personaggi dalla dubbia educazione), meschini (l'attacco della Moratti a Pisapia sul furto d'auto, non può essere definito diversamente), razzisti (le parole sui rom e sull'Islam sono da Ku Klux Klan iper-radicale) e criminali.
La destra berlusconiani ha finalmente svelato il suo volto, fin tanto che persino la Chiesa (ed in qualche modo anche Comunione e Liberazione, potentissima in Lombardia) ha preso le distanze, con le parole di Tettamanzi.
Sinceramente la cosa che mi fa sperare è che, non è un caso, questa forza propulsiva ad un cambiamento sia tutta opera, e questo è innegabile, di candidati di Sinistra, e non della sinistra "a chiacchiere" veltroniana. Credo sia un segnale forte dell'elettorato di sinistra; che non si provi a spostarsi verso il centro; la credibilità non sono più Casini e compagnia cantante (il loro 5 per cento nazionale, qualcosa dovrebbe anche farvi capire). Quindi, carissimi amici del Pd, moderazione un paio di palle! De Magistris, Pisapia e Zedda vi dimostrano, visto che finchè non sbattete il muso contro la cacca non capite, che i candidati all'acqua di rose non pagano e non pagheranno più. Ed ora, sperando (ma ne dubito) che abbiate capito, cerchiamo di recuperare quanti, stanchi di questa caccia al moderato, fintanto di mostrarsi tali anche negli atteggiamenti e negli affari, cerchiamo di recuperare quanti hanno scelto quella stantia e vecchia folata di anti-politica. Checcè Grillo ne dica, a votarlo, sono stati molti di quegli "uguali" di sinistra che non sopportano più il cerchiobottismo piddino e l'evanescenza e la frammentazione dell'ala meno democristiana del centro-sinistra.
Ci volevate cancellare, ma siamo ancora qua, alla faccia vostra!

giovedì 12 maggio 2011

Batti batti le manine!


E poi dicono che in Italia non c'è più solidarietà! Qualche giorno fa in un'assise di Confindustria, svoltasi in quel di Bergamo, il lampante esempio che speranze per l'umanità ci sono.
E' un giorno di maggio, e tutta la crema dei ricchi imprenditori è riunita. Arriva il signor Espenhanh, amministratore delegato della Thyssenkrupp. Applausi della platea; applausi di vicinanza, per la tragedia umano-giudiziaria che colpisce quest'uomo e alcuni dei suoi sottoposti. Pensate bene, condannati di omicidio volontario per aver causato, per loro stessa negligenza, la morte di 7 lavoratori di Torino nel 2007.
Diceva Pietrangeli “e pensi che ambiente che può venir fuori: non c'è più morale, contessa...” se dei giudici si mettono a sentenziare su degli imprenditori, che in barba alle più elementari norme di sicurezza, uccidono dei miseri operai. Orsù, son dei semplici manovali; vorrà ben valere di più la libertà di un industrialotto qualunque, delle vite di 7 operai. Già dallo stipendio, dovremmo averlo capito; mica l'ad guadagna quanto 7 pulciosi metalmeccanici!
E giù applausi allora; che non si dica, e non si pensi, soprattutto, che si debba essere a norma; le norme son cose da '68; belli miei, son finiti i tempi in cui si poteva rivendicare qualcosa; ve l'abbiam lasciato per qualche anno la possibilità di potervi sentire un po' più borghesi, così giusto per rammollirvi un po'. Vi abbiamo lasciato pensare che, ormai, era tutto assodato, tutto normale. Ma signori miei, il profitto dove lo mettiamo?
Dico, abbiamo difficoltà; c'è la crisi; ho appena parcheggiato la mia Lamborghini fuori, e voi mi venite a fare il pippotto sulla sicurezza sul lavoro? Ma volete, che le aziende estere, come gli amici Thyssen stanno facendo a Terni, smantellino i loro insediamenti, perchè in Italia la magistratura, come dice il nostro collega Silvio B “rossa”, possa fare il buono e il cattivo tempo? Condannarmi, così, a passare anni in carcere per omicidio? Ma è una cosa fuori dal mondo..fosse una giuria di pari a emettere tale sentenza, ancora si potrebbe starci attenti; ma se tutti i miei pari sono d'accordo con me, applaudono quando qualcuno, mistificamente giudicato assassino, fa la sua comparsa a qualche riunione.
La solidarietà di classe, ecco cosa è! Noi sappiamo di essere tutti sulla stessa barca; e tu, operaiuccio di un Paese della Val Brembana, che te la prendi col migrante, tu a che classe appartieni? A nessuna più, è vero! Non hai più dei sindacati; non hai più dei partiti; non hai più nessuno che ti difende, che ti aiuta; non hai pari, c'è solo chi sta peggio di te, e vuol farti le scarpe, e chi sta meglio di te, modello a cui aspiri. Speriamo che continui a pensarla così; io, nel frattempo, mi rilasso e decido che fare di te; che faccio, delocalizzo?