mercoledì 11 gennaio 2012

Life in Padania per Cosmopolis

Una storia ambientata nel futuro di un giovane migrante meridionale
Ricordo, quando ero piccolo, quanto i miei genitori ridessero della Padania; allora pareva impossibile che un gruppo di “mentecatti” (così li definiva mio padre) vestiti di verde, potesse realizzare quanto andavano proponendo. Parlavano di secessione, di Parlamento padano, di non voler far parte più dell'Italia, di non voler più aver nulla a che spartire con quei ladroni degli italioti. Non appariva possibile agli occhi dei miei, quando fu veramente concessa la libertà a questi beoti, con una legge indecorosa, chiamata “federalismo totale”, di avverare il loro sogno. Pronipote del federalismo fiscale, approvato diversi anni addietro, questa legge permetteva ad ogni regione sì di poter fornire tutti i servizi più disparati, indipendentemente dallo Stato, ma anche di potersi accorpare ad altre realtà in modo da creare una specie di confederazione. E così, i padani, dopo che riuscirono a farsi strada nella gran parte dei consigli regionali di molti “distretti” del Nord (ora li chiamano così), eleggendo dei loro rappresentanti ai vertici di tali istituzioni, furono capaci di convergere in un'unica grande terra, che a Nord confinava con Svizzera ed Austria, ad ovest con la Francia, ad est con la Slovenia e al Sud con l'Emilia Romagna e la Toscana, divisi soprattutto dal Dio Po, come si ostinano a chiamarlo ancora oggi. E' un Paese aperto, da Nord ed Ovest, grossi problemi sorgono se sei un cittadino che viene dal Sud(anche per le persone provenienti da Est ci sono un po' di problemi, ma sono manodopera a bassissimo costo, e quindi la rogna è minore). Per passare il fiume divisorio, devi fare richieste e permessi su permessi, ma soprattutto è qualche padano a doverti chiamare per lavorare. La mia fortuna è stata il cugino Calogero, figlio di zia Adele e zio Pasquale, il fratello di papà. Mi han chiamato loro, per lavorare come manovale sottopagato (alla fine ci si è dovuti adeguare ai prezzi est-europei) col “cumpari” di mio zio Pasquale, il signor Goffredo Cazzaniga. L'unica cosa che mi fu raccomandata, quando mi dissero di andare, fu di studiare, mi inviarono dei libri per potermi preparare. Eh si, pare che il governo della Serenissima, il gran Rettorato protettore dei popoli padani, chiedesse, dopo 6 mesi di permesso di soggiorno, un esame di padanità. Lo “stana-terroni” o il “caccia-Baluba” come si affrettarono a definirla i pochi resistenti rimasti nella terra del Sole delle Alpi. Della storia della Padania, da noi in Italia, si sapeva, ed è così ancora oggi, ben poco. Pare che tutto quello scritto nei libri di scuola fosse una bufala. Fu ridimensionato l'apporto dei Romani e dei loro schiavi della Magna Grecia e fu creata ad arte una nobile e magica discendenza celtica. Il cugino Calogero, che ancora aveva difficoltà a mascherare la cadenza dialettale di origine, mi spiegò, appena arrivato che è storia vecchia. Il loro Garibaldi è stato tal Alberto da Giussano, una sorta di “power ranger”, come sentì da piccino in un film che andai a vedere al cinema coi miei genitori. Ricordo ancora quando, mentre giocavo con la mia Nintendo Ds, regalatami per la promozione in quarta o quinta elementare, i miei genitori ridevano pensando a quel pazzo di nome Bongiorno, Bonsecolo o qualcosa del genere, che, per spiegare l'esistenza della Padania, aveva fornito come punto di riferimento il formaggio Grana, “esiste il Grana Padano, quindi la Padania esiste”. Ridevano così tanto che mio padre continuava a soffiarsi il naso ed asciugarsi le lacrime, ed io non capivo, ero troppo piccolo allora. Ben altro tipo di lacrime, invece, quelle versate il giorno in cui la nuova bella presentatrice del tg annunciava, tutta ammiccante e sorridente, come da direttive della nuova concessionaria pubblica NewRai, in un'edizione straordinaria, che quella che i miei, sprezzantemente ed ingenuamente definivano la “Terra di Mezzo” o l'”Isola che non c'è”, era realtà. Ero già grande da capire lo sgomento nei loro occhi. Tutto d'un botto, la Jacuzia e la Kamchacka del Risiko potevano staccarsi e fare un Paese loro? “Una barzelletta, l'ennesima che siamo stati in grado di proporre come popolo italiano” era il commento più in voga di quei tempi, fra noi extra-padani. La cosa che ci fece capire il livello oramai raggiunto fu lo zio di mia madre, zio Nicola nato e cresciuto a Triggiano, ma già migrante all'età di 18 anni a Garbagnate Milanese, quindi quasi da 50 anni vivente in terra lombarda, che nel rifiutare l'invito di sua sorella al matrimonio del nipote, disse: “We, che vui terun l'avete minga voglia de lavurà. Nu sem chi a spaccarci l'ossa per vu, e tu me fai lassà il lavur per venir lì nella Bambagia a festeggiar il picul african. Ma va ciapà i ratt”. Non aveva ancora imparato a parlar bene il dialetto locale, ma già il vizio locale l'aveva preso. Ora il leader della Padania, il gran capo, è il figlio del padre della patria. Pare sia un po'ingenuo e poco furbo, ma ha avuto la grande accortezza, dopo la morte del padre, di circondarsi di vecchi leader carismatici, che ricordo una qualche sinistra affrettarsi a definire, quando erano al governo con Berlusconi, “al netto” persone ragionevoli. Questa era la stessa sinistra che possiamo considerare essere una delle cause, secondo me la più grossa, della nascita della Padania. Mi ricordo quando mia madre, aprendo il borsellino tirava giù ogni insulto possibile e malediceva sempre un professore di economia, il presidente del consiglio di allora, Monti. Nei suoi due anni di governo, dal 2011, il largo consenso parlamentare gli permise di impoverire a tal punto la popolazione italiana, che l'unica forza presente nei due rami,la Lega appunto, che faceva una dura opposizione, ne uscì ripulita, dopo essere stata per quasi più di 15 anni al governo, e quindi essere evidentemente fra le maggiori colpevoli di quanto l'Italia stesse passando. Le altre forze politiche, che si opposero, erano tutte extraparlamentari, visto che qualche anno prima, in nome dell'utilità, erano state “democraticamente” relegate ai margini. In nome del rinnovamento, parte di questi paria, scelse di seguire chi aveva permesso la loro estromissione. A loro volta, questo gruppo di neo-illuminati, guidati dall'imbonitore delle folle, ignorò sistematicamente le richieste dei deboli “identitari e radicali”, preferendo autoproclamarsi “unica alternativa possibile”, pur attuando una tattica di filosofica attesa e di attenta valutazione. Va bene, basta svelarvi il futuro e, per me, basta ricordare, fa troppo male. Vi dico solo che mio padre, giusto qualche giorno fa, all'età di 65 anni è morto in fabbrica, in catena di montaggio. Pare che, dopo 10 ore di lavoro continuo, uno a quell'età non regge lo stress e stramazza. Mia madre, corsa al capezzale di mio padre morente, è tornata a lavoro spaventata perchè il figlio del suo vecchio capo, un lavativo di prim'ordine, ha minacciato di licenziarla. Purtroppo, l'ha fatto veramente. Le vorrei dire di venire qui da me, le stavo già mandando i libri per il test di padanità, ma poi ho pensato che, alla fine, siam sempre in Italia, che si voglia chiamarla così o con un altro nome, i vizi e le ingiustizie rimarranno sempre gli stessi.