martedì 20 aprile 2010

Marx 2009/2010: Profondo rosso (terza puntata)

Il nostro protagonista è finalmente riuscito a sfuggire alle grinfie cielline e, dopo essersi imbattuto nel volantino craxiano, che non ha fatto altro che rafforzare le sue convinzioni di trovarsi in un’era socialista, si imbatte in un giovane di bell’aspetto e vestito di tutto punto, che, proprio all’entrata dell’Università, lo attende agitando un volantino bianco e rosso e brandendo una penna; “Ciao, ti posso invitare ad una riunione? Ti interessa il marxismo-leninismo nell’era borghese, per sconfiggere la ventata antiproletaria che soffia nel nostro Paese soggiogato dalle forze capitaliste e reazionarie?”. Tramortito dalla domanda a bruciapelo, Marx non sa cosa rispondere. “Se vuoi lasciarci il tuo numero, ti teniamo informato sulle nostre iniziative”. Continua a capirci ben poco il nostro filosofo, sotto le domande incalzanti del giovane elegantone. “Ahhh, ho capito. Sei un socialdemocratico, venduto al padrone!”. Ed è proprio in quel momento che arriva un ragazzo di buon cuore che lo salva e lo chiama a sé con una scusa. Il giovane ben vestito molla la presa ed attacca subito un altro avventore, quest’ultimo ignaro di quanto sta per accadergli. Il salvatore del nostro eroe avvisa Marx del pericolo appena corso: “Ma sei fuori?? Quelli sono i comunisti avventisti del terzo giorno! Sono i testimoni di Geova del comunismo. Ogni volta che li vedi, devi dirgli di essere un socialdemocratico, e la smettono subito. Comunque piacere io sono Enrico”. Un po’di umanità finalmente per il filosofo “Salve io sono Karl, ero qui di passaggio.” “Karl? Beh dalla somiglianza con lui, mai nome fu più azzeccato” “Con lui chi?” “Niente, niente” taglia corto Enrico. “Senti Karl, io sto andando ad un incontro; è l’ennesimo tentativo di ricomporre le forze marxiste in Italia, vuoi venire con me?”. Marx accetta di buon grado, è troppa la curiosità di vedere cosa ne è stato delle sue teorie, vuole vedere questa prassi. Sicuramente potrà conoscere il presidente operaio, che sarà garante della pace fra le forze marxiste contrapposte; poi queste liti capitano anche nelle migliori famiglie, è la natura umana.
Ed eccoli arrivati in un salone ultrachic, con le sedie imbottite e le tende doppie alle porte-finestre. “Eccessi del potere” pensa Marx “l’uomo è avido, ama sentirsi potente”. Ancora giustificazioni per il nostro Karl, che subito cerca il presidente operaio. Si ferma a parlare con un vecchio compagno: “Mi scusi, saprebbe dirmi quando giungerà il presidente operaio?” “Chi? Il president uperè del menga?”. “Non certo brillante per cortesia l’interlocutore” fra sé e sé Marx. Allora gli mostra il volantino: “Vede questo: il presidente operaio. Accanto al grande leader socialista Craxi. Deve essere per forza qui”. “We Gino, ven chi” urla divertito il vecchio compagno, cercando l’attenzione di un coetaneo. Ma Gino non fa in tempo ad arrivare, che si scatena il solito dialogo costruttivo fra comunisti. “Zitto stalinista, vergognati!” “Siamo noi i più comunisti” “No, noi!”. Ecco. Nelle teorie marxiste è sempre stata fondamentale la sintesi. Come si nota, molti compagni non hanno idea di cosa sia questa parola. Ed ecco ergersi fra la folla rabbiosa, un uomo: “Ma bifogna fuperare la parola comunifmo, come ci fi può definire in una focietà come quefta, dove il precariato ammazza i fogni dei giovani. Il giovane deve fognare; è nella fua natura intrinfeca, non puoi tarpare le ali al giovane, al fuo bollente fpirito. Bafta!”. “Eccolo, è il poeta” dice Enrico avvicinandosi a Marx “Lui ha dato il colpo di grazia alla sinistra”. Karl è sbigottito: “Ma io, io non ci posso credere”. “Compagno Nichi, una parola. Sono anni che dico, facciamo una federazione, facciamo un partito. Esportiamo il mio modello. Conosci qualcuno del mio partito oltre me? Vedi? tu stai imparando. Ma bisogna spiegarlo ai compagni di Rifondazione.” “Sai, Karl, questo è un professore di Giurisprudenza” “Ah beh, proletariato puro” dice Marx. “Calma compagni, Oliviero, Nichi! La mozione 74 del mio partito, la mozione oltranzista bolivariana, ha votato contro il documento federale, ed ha deciso di fondare l’ottocentunesimo partito comunista in Italia”. “E’Ferrero quello, segretario del partito in cui ogni tesserato fa una mozione” ridacchiando Enrico. Karl inizia a sentirsi male. Gli manca l’aria. Ma all’interno del Salone è già bagarre: “Menscevico” “Maoista” “Migliorista” “Cossuttiano” “Bordighista” “Bolscevico stalinista”. Alla parola bolscevico, Marx perde conoscenza.
Si risveglia poco dopo, nel suo letto, nella sua casa. “E’stato solo un brutto sogno, Karl” continua a dirsi, però si trova il volantino craxiano in tasca. “Riflettendoci compiutamente però. Ok. Ci sono ancora i padroni del Potere Denaro, il Pd. Ci sono dei pazzi che si dicono marxisti (devo fare qualcosa per impedire che nascano queste forme strane di miei discenti). Ci sono gli avventisti. Però c’è il presidente operaio. C’è stato il compagno Craxi. I giovani sono così cordiali. Si vabbè vogliono la tua anima. Che sarà mai, so bene che non esiste! Lasciamogliela prendere. Sono sereno. Tutti i miei studi, tutte gli anni “persi” a pensare ad una società migliore. Ed io l’ho vista. Un presidente operaio. Sono commosso” Con le lacrime agli occhi, Karl ripone il volantino nella sua tasca, e si appoggia sul letto. Fissa il soffitto e sogna quella società migliore.

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