sabato 30 ottobre 2010

Neoqualunquismi e forme d'arte simili



A volte mi chiedo perchè devo essere partecipe, volutamente silenzioso, di discussioni d'arte oratoria, in cui uno ha il mio completo appoggio e l'altro si arrocca in maniera feudale su posizioni evidentemente precostituite.
Oggi è un giorno come gli altri. Raggiungo i miei compagni in università, ed eccoli discutere, al solito loro, con una ragazza (e mi stupisco della quantità di gente che conoscono). Si parla delle annose questioni che “attanagliano” le vite di un comunista oggigiorno: e la Cina, e Cuba, e “il mondo è cambiato”, e “non ci sono più le mezze stagioni”, “un giorno capiranno”, “e in Unione Sovietica si stava peggio”, etc, etc, etc. Il mio, come al solito, diventa un ascolto passivo; dopo anni di accesi dibattiti con la gente più disparata, hai smesso di aver voglia di scontrarti col mondo intero, quando ormai la bolla demoniaca di comunista ti si è cucita addosso, perciò tutto quello che dirai sarà contro il buon senso e contro il bene comune.
E' frustrante, sapete. I miei compagni hanno ancora la forza di cercare di fare ragionare le persone, di starci anche un paio di ore. Io non più. Se poi incontro quelli che si sentono più comunisti di te, perchè ahimè ci sono, la musica cambia ma tu sarai sempre un “social-democratico borghese, che gioca a fare il comunista”, come gli hanno insegnato a dire in qualche chiesa avventista/internazionalista.
Non è di certo un gettare la spugna il mio; è ben altro. Nella mia assenza di spirito di confronto con chi fa della frase fatta e qualunquista il suo credo, o che fa del suo essere superiore atto di discredito, non si nasconde un arrendersi aprioristico. E' il voler evitare di essere cattivi o come suggerivo oggi il non voler dire “Ti va bene così la società? E allora muori capitalista e precaria!”. Come fai a spiegare a queste persone che non vedono oltre il proprio naso che il padrone non vorrà mai rinunciare a fare maggiore profitto e che poco si interessa dei “suoi” dipendenti. Che il padrone ama delocalizzare non perchè vuol portare lavoro in quei Paesi sfortunati, ma perchè in Polonia, in Romania e in un qualsiasi paese dell'Est Europa paga la forza lavoro meno della metà che in Italia? Il capitalista cosa propone allora? Ribassatevi il salario, lavorate di più e rinunciate ai vostri diritti elementari (Marchionne docet), così potete essere competitivi con questi Paesi. Una logica normale prevederebbe che si aumentassero gli stipendi degli operai dell'Est, invece di abbassare i nostri. Una Unione Europea, così “attenta” alla sorte economica dei suoi cittadini, dovrebbe garantire pari dignità e diritti a tutti gli operai del continente. Invece cosa fa? Permette semplificazioni enormi a chi sceglie di delocalizzare le proprie aziende.
Da una parte il lavoratore del secondario soffre le delocalizzazioni, dall'altra parte l'operante nel terziario non se la vede molto meglio, costretto come è ad accontentarsi di lavori a progetto, o a chiamata, e altre stronzate simili che solo Confindustria poteva partorire.
Ma secondo voi la CLASSE operaia (c'è chi mette in discussione il concetto di classe, senza accorgersi che basta aprire il suo portafoglio per vedere quanto sia giusto parlare di questo nel terzo millennio) si rende conto? Assolutamente no, se una cosa non la tocca si preferisce stare tranquilli. E si ritorna al solito discorso dell'assopimento. Mentre qui i capitalisti gestiscono le nostre vite a loro profitto, siamo tutti a parlare del monolocale di Montecarlo, dell'omicidio di Sarah Scazzi e del caso di Ruby (fa molto ridere questo nome accostato a quello di Silvio Berlusconi; a volte è il destino che ci si mette). Accendete il vostro televisore 3d, collegate la vostra Playstation3 e divertitevi. Lì fuori è un mondo per grandi!

7 commenti:

  1. Amarissimo e comprensibilissimo sfogo così bene argomentato da rendere evidente una “stanchezza” relazionale che lungi dall’essere un riflusso nel privato (come avremmo detto una volta), ricerca nuove strade per continuare un impegno che – fattene una ragione – ci sarà per tutta la vita magari assumendo forme, percorsi o strumenti diversi ma, sempre tendente ad un unico fine. Chiamalo bene comune o impegno sociale o lotta alle ingiustizie: fa parte di noi, fa parte di te.
    Per fortuna…

    gigi

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  2. articolo pungente ed accattivante, proprio come lo stile a cui ci hai abituato, o meglio, viziato. L'oggetto è però tristemente vero...il mondo gira al contrario, o perlomeno, io credo che giri al contrario...abbiamo scelto di essere partigiani nella vita, quindi, come giustamente dice chi mi precede, facciamocene una ragione e continuaimo ad impegnarci...

    Un abbraccio
    Tenko

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  3. è bello il tuo articolo, e i partecipi e sinceri commenti ti fanno capire che non sei il solo, che non siamo i soli, anche con storie di vita più o meno lunghe, più o meno diverse, a guardare le cose del mondo con occhi attenti. Insomma la nostra è un'esistenza, forse un po' dolorosamente incazzata, ma sicuramente consapevole. E ti prego di credermi non la cambierei per niente al mondo. Un grande abbraccio
    Paola

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  4. C'è una diponibilità al coinvolgimento che deve trovare spazi efficaci in cui esprimersi. Non basta la piazza, nè i gazebo nè le urne una volta ogni tanto.
    C'è bisogno di una politica che sappia nutrursi di partecipazione e mobilitare le passioni. Non basta il malessere diffuso per determinare le condizioni di una reazione positiva. La società della paura produce anche la paura del cambiamento. Neppure la lotta per i diritti riesce a mobilitare coscienze e persone, se quei diritti non stanno dentro un disegno di futuro, una visione di società in cui riconoscersi e per cui valga la pena battersi. La gente ha bisogno di capire le ragioni del proprio disagio, di porsi obiettivi concreti, ma anche di utopia, di un nuovo immaginario.
    Se il dito indica la luna, non è detto che tutti guardino solo il dito. Molti vogliono vedere proprio la luna, ma bisogna che qualcuno questa luna sia capace di indicarla.
    Daddy

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  5. Non posso esimermi di dire la mia sul precedente commento che sintetizzato sembra l'invito a "Vota e fai votare il Sel", partito includente con a capo un grande imbonitore! I suoi sostenitori un giorno si sveglieranno e scopriranno di essere stati gli "idioti" complici del disegno di un poeta tutto chiacchiere e distintivo.
    La luna di Nicola è nel pozzo, e il pozzo è il suo.
    Paola

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  6. ..."se una cosa non la tocca si preferisce stare tranquilli" ...

    Questo è il male minore (ahimè). Tu pensa a chi invece non si interessa di ciò che gli tocca da vicino perchè pensa che "tanto la situazione è quella, le cose non possono essere cambiate".
    Capisco il tuo stato d'animo .. mi ci ritrovo anche io a volte .. però sarà che son cocciuta .. ma alla fine cerco sempre di far ragionare le persone :P

    Bell'articolo! (come sempre)

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  7. bellissimo pezzo, concordo appieno il tuo punto di vista. ti riporto però una frase del compagno partigiano Giacomo Ulivi: "non dite di essere scoraggiati e di non volerne più sapere, pensate che tutto è successo proprio perchè non ne avete voluto più sapere". Resistenza sempre!

    Saluto rosso.
    Antonio.

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