sabato 13 novembre 2010

Intervento durante il Congresso della Federazione della Sinistra



Vi riporto quasi fedelmente le parole dette al congresso di Como della Federazione della Sinistra

Compagne e compagni, buonasera. Mi presento, io sono Andrea, ho 26 anni e sono comunista. In una società in cui il termine comunista assume sempre più una accezione dispregiativa e derisoria, sembra una scelta coraggiosa definirsi tali. Badate bene, ho detto comunista. Credo che, poco importi sapere se sono di Rifondazione, dei Comunisti Italiani, di Socialismo 2000. C'è bisogno di unità compagni. Unità nelle lotte, nelle scelte e nelle azioni. Tutto in un sentimento di uguaglianza, di comunione di intenti, di un uso dello strumento-partito come collante dove ogni compagno possa pesare ugualmente nelle decisioni, così che ognuno di noi possa sentirsi fiero di poter dire: io sono comunista, io sono della Federazione della Sinistra.
Il mio intervento, in realtà, si centra su un problema comunicativo che oggettivamente noi abbiamo. Lo faccio con cognizione di causa. In primis, perché militante ormai da una decina di anni. Successivamente perchè il mio impegno accademico-universitario nel corso di laurea in Comunicazione politica, mi ha fatto capire quanto è importante il come spieghiamo alla gente le nostre lotte, ma soprattutto le nostre ragioni.
Compagni, in una società mediale come è quella attuale, nella quale tutto è filtrato da mezzi di comunicazione, nella quale il contatto visivo e fisico fra esseri umani è ormai ridotto all'osso, in una società in cui il concetto di piazza ha avuto un lento e progressivo declino rimpiazzato dai talk show, un modo di far politica ancorato ai vecchi standard comunicativi perde tutta la sua forza. Mi spiego: ad esempio, ai compagni giovani con cui mi trovo a lavorare, cerco di far capire, sempre, l'importanza dell'immagine e del titolo di impatto di un volantino. Un volantino fitto di informazioni verrà cestinato, proprio perchè la frenesia dell'uomo del terzo millennio non prevede quell'attimo che serve per leggere e capire quelle informazioni. Lo spazio dato alle informazioni, quindi, diventa selettivo ed è chiaramente l'immagine a colpire l'attenzione del cittadino-elettore. Chiaro, non sto dicendo di riproporre la copertina di Panorama, non è nelle mie intenzioni. Fa specie, e ve lo dico con tutta onestà, che i più restii al cambiamento comunicativo siano proprio i compagni più giovani, i compagni che più facilmente dovrebbero ricevere i cambiamenti della nostra società. Spiego loro, allora, che non è necessario impoverire il proprio linguaggio e la propria cultura politica per far comprendere agli altri il proprio messaggio. Dico loro che si può e si deve cambiare modo di dire le cose, senza aver paura di risultare meno brillanti o meno preparati. Siamo nell'era di Facebook, del cellulare che fa anche il caffè; siamo in un'era in cui si rischia di essere schiacciati fra la sinistra borghese e radical chic e i comunisti avventisti delle formazioni volontariamente extraparlamentari. Compagni, bisogna cambiare e per cambiare non c'è bisogno di essere poeti!

1 commento:

  1. Bell'intervento "tecnico" ed è giusto che sia così. Basta con i tuttologi, ognuno di noi deve mettere in campo ciò che veramente conosce e sa fare.
    Il finale del tuo intervento è da Oscar.
    Un abbraccio
    Paola

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